POLITICA |
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Problema nitrati in fase cruciale |
Bruxelles attende indicazioni dall’Italia
Possibile estensione di 300.000 ha dell’area vulnerabile nella Pianura
Padana. La Commissione sembra disposta ad accettare che il carico di azoto
rimanga di 83 kg/capo/anno come già indicato
Per il futuro degli allevamenti della Pianura Padana sono giorni ancora
di apprensione, in attesa delle decisioni che verranno prese dalla
Commissione europea in merito all’individuazione delle aree vulnerabili da
nitrati.
Problemi legati all’attuazione della direttiva 91/676/Cee, volta alla tutela
delle acque dall’inquinamento da nitrati, riportati d’attualità dall’Unione
Europea, che ha chiesto all’Italia, con specifica comunicazione d’infrazione
inviata nell’aprile 2006, di ampliare le «zone vulnerabili», nonché di
adottare programmi d’azione ulteriormente vincolanti.
L’ultima tappa di avvicinamento alle decisioni della Commissione si è svolta
il 19 gennaio scorso, con una delicata riunione alla quale hanno
partecipato, oltre i rappresentanti della Direzione ambiente di Bruxelles, i
Ministeri dell’ambiente e delle politiche agricole, le Regioni Piemonte,
Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, l’Autorità di bacino del Po.
All’ordine del giorno della riunione vi erano aspetti di rilevante interesse
per gli allevamenti, tra cui:
• l’ampliamento delle zone designate vulnerabili da nitrati;
• la verifica dei valori indicati dall’Italia relativamente alla produzione
di azoto nelle vacche da latte (83 kg/capo/anno).
Per quanto riguarda il primo aspetto, è stata confermata la distanza tra le
richieste della Commissione di designare l’intero bacino padano e i piani
presentati dalle Regioni che, nonostante i rilevanti aumenti delle zone
designate, si fermerebbero «solo», secondo Bruxelles, al 60% della Pianura
Padana.
Nonostante le posizioni contrastanti, la Commissione si è comunque riservata
di esaminare approfonditamente la documentazione presentata dalle Regioni e
ha lasciato un minimo di spiraglio per un eventuale accordo, soprattutto nel
caso in cui l’Italia dovesse procedere a un ulteriore allargamento delle
aree vulnerabili, con particolare riferimento a Lombardia, Piemonte ed
Emilia-Romagna.
Aree vulnerabili e carico di azoto
I prossimi giorni saranno fondamentali per verificare quale sarà la nuova
proposta presentata dall’Italia, indicazioni attese da Bruxelles nelle
settimane venture.
Orientativamente la nuova proposta dovrebbe prevedere ulteriori 300.000 ha
designati come vulnerabili, raggiungendo, così, circa il 75% della sau della
Pianura Padana.
Per le aree non designate occorrerà comunque fornire alla Commissione
un’accurata documentazione diretta a dimostrare la validità della decisione
assunta.
Per quanto riguarda la produzione di azoto per gli allevamenti da latte,
l’Italia ha presentato una specifica relazione diretta a dimostrare che il
valore di 83 kg/capo/anno indicato nel decreto ministeriale 7-4-2006
(criteri per l’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici) è in
linea con le diverse tipologie di allevamento riscontrate nel nostro Paese.
Da prime indiscrezioni sembra che la Commissione abbia mostrato una certa
disponibilità ad esaminare tali dati e, quindi, vi è la possibilità che,
almeno su questo aspetto, retroceda dalla sua posizione (richiesta di
elevare i valori di produzione di azoto a 90-100 kg/capo).
Si auspica che su tutta la problematica connessa ai nitrati si possa
individuare un compromesso che chiuda il contenzioso con Bruxelles, evitando
contemporaneamente che venga designata l’intera Pianura Padana.
Ciò nonostante, i problemi per l’agricoltura italiana, e in particolare per
gli allevamenti, saranno rilevanti e occorrerà procedere in modo
appropriato, prevedendo, peraltro, tempi di adeguamento sufficienti.
È indispensabile su quest’ultimo aspetto che siano previste dalle Regioni e
dallo stesso Mipaaf specifiche procedure per l’applicazione nelle aree di
recente designazione della direttiva nitrati e del decreto 7-4-2006, al fine
di garantire una corretta gradualità, anche in riferimento ai controlli
legati alla condizionalità.
Non è ipotizzabile, infatti, che si chieda agli agricoltori che ricadono
nelle aree designate di recente o in via di designazione, di applicare, già
a partire dal 2007, disposizioni che implicano, in diversi casi, profonde
ristrutturazioni aziendali e modifiche pesanti dell’impostazione produttiva,
la cui adozione richiederà alcuni anni.
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