POLITICA |
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Le contromosse italiane sull’ocm vino |
Il tavolo tecnico delle regioni esamina le proposte
dell’Ue
La Commissione europea riprenderà a discutere di vino
solo nel secondo semestre di quest’anno, ma intanto il mondo produttivo
italiano mette in evidenza tutti i punti deboli della proposta attuale
Proseguono gli incontri tra i rappresentanti delle
Regioni italiane, soprattutto quelle maggiormente coinvolte nel settore
vitivinicolo, per preparare delle controproposte alla bozza di riforma dell’ocm
vino presentata il 22 giugno dello scorso anno dalla commissaria Mariann
Fischer Boel.
Verso la fine del 2006 i rappresentanti delle Regioni si sono riuniti in un
tavolo di lavoro tecnico per elaborare alcune valutazioni e proposte che al
momento sono al vaglio degli assessori agricoli. Si tratta di valutazioni
estremamente interessanti che evidenziano la volontà di fornire al ministro
Paolo De Castro un contributo importante in vista del negoziato a Bruxelles,
che comunque non partirà prima del secondo semestre 2007, quando la
presidenza di turno passerà dalla Germania al Portogallo.
L’estirpazione
Il punto che preoccupa maggiormente le Regioni vitivinicole più importanti
del nostro Paese è ovviamente quello dell’estirpazione che, secondo le
proposte della Commissione Ue, potrebbe coinvolgere circa 400.000 ha di
vigneto europeo in cinque anni, per un esborso comunitario di 2,4 miliardi
di euro. La proposta non è ritenuta accettabile dal tavolo tecnico in quanto
le precedenti esperienze in questa direzione non hanno dato i risultati
attesi (si ricorda a questo proposito la pessima esperienza del regolamento
n. 1442/88) e, inoltre, potrebbe addirittura andare a ridurre la viticoltura
di qualità ma collocata in aree difficili.
Senza dimenticare, sostengono i responsabili viticoli delle Regioni, che in
un’ottica di progressiva liberalizzazione dei diritti di impianto questo
intervento appare incoerente e decisamente costoso. In sostanza si ritiene
che una così cospicua dotazione finanziaria sia preferibile utilizzarla a
favore del comparto per azioni positive in relazione agli aspetti
ambientali, occupazionali e allo sviluppo dei mercati (comunicazione e
promozione).
Il regime di estirpazione, invece, in forma però limitata e soprattutto
mirata, potrebbe essere previsto nei programmi regionali per quelle
viticolture non qualitative e senza possibilità di riconversione.
Dovrà essere, insomma, un intervento legato a regole totalmente stabilite
dalle singole Regioni d’intesa con la filiera con possibilità di modulazione
del premio.
I diritti d’impianto
Per quanto concerne l’ipotesi di restrizione dei diritti di impianto (la
loro totale liberalizzazione, tanto per intenderci), il 2013 sembra troppo
vicino in relazione a tutti gli investimenti fatti per l’acquisto dei
diritti.
Per i vini a denominazione di origine, che vengono prodotti su superfici
delimitate, si potrebbe pensare a programmi regionali di adattamento delle
superfici in relazione agli equilibri di mercato.
In pratica, rendere maggiormente flessibile, in favore delle Amministrazioni
pubbliche, la gestione dei diritti di impianto quale strumento per il
governo e la programmazione delle produzioni soggette a denominazione di
origine, anche in rapporto al loro territorio.
Secondo il tavolo tecnico, la possibilità di trattenere presso la Pubblica
amministrazione i diritti di impianto, acquistarli, rilasciarli o
contingentarli con elevata elasticità, costituirebbe un potente strumento di
governo del potenziale viticolo.
Distillazione e zuccheraggio
Altro punto estremamente delicato è quello della soppressione delle misure
di mercato, a partire dagli aiuti alla distillazione.
Qui la posizione è decisamente chiara e condivisa da tutti: la proposta di
sopprimere gli aiuti alla distillazione può essere valutata solo in presenza
di garanzie sulla disponibilità delle risorse finora destinate a questo
intervento.
Significa che la proposta può essere accettata, ma deve essere garantito che
il settore non perderà un euro e le risorse quindi dovranno essere dirottate
per altri interventi a partire da quelli destinati all’incentivazione della
comunicazione e del marketing di settore.
Da prevedere, inoltre, eventuali misure di intervento di crisi nell’ambito
dei programmi regionali.
Deciso no, invece, alla soppressione degli aiuti per la distillazione dei
sottoprodotti. Secondo il tavolo tecnico, questa misura, oggi compresa tra
quelle di mercato, andrebbe collocata tra quelle relative alla qualità, in
quanto si tratta di una misura «antifrode».
Altro punto spinoso della proposta della Commissione Ue è quello
dell’abolizione dell’aiuto al mosto concentrato, ritenuta accettabile solo
in presenza del contestuale divieto dell’uso dello zucchero (nei Paesi dove
oggi è consentito).
L’attuale meccanismo di arricchimento «facilitato» (zucchero o mosto con
aiuto), infatti, insieme agli aiuti per la distillazione dei prodotti che
non trovano mercato, inducono i produttori di vaste aeree a privilegiare la
quantità.
Inoltre, il divieto dello zucchero avrebbe effetti immediati nella riduzione
dell’offerta (oggi una parte del vino deriva da zucchero non prodotto nelle
vigne).
Lo zucchero verrebbe così sostituito da mosti concentrati (dove noi siamo
grandi produttori) o da tecniche come la concentrazione a freddo o l’osmosi
inversa, che comportano una riduzione della massa del prodotto.
Il produttore, insomma, sarebbe maggiormente motivato a ottenere il
necessario grado in vigneto e quindi ad avere rese più equilibrate. La
sensazione, comunque, è che su questo punto ci sarà grande battaglia tra i
Paesi mediterranei e quelli del Nord Europa e probabilmente l’arricchimento
con zucchero sarà importante «merce di scambio» nell’ambito della futura
contrattazione a Bruxelles.
Il tavolo tecnico ha preso in esame anche la proposta di omologare le doc
viticole alle dop e igp previste per gli altri prodotti tipici. Questa
omologazione non piace alle Regioni italiane in quanto le dop e le igp hanno
un legame meno forte con il territorio e può riguardare solo una delle
diverse fasi: produzione, trasformazione, elaborazione del prodotto.
Se le doc e docg hanno rappresentato il «Rinascimento» del vino italiano,
non appaiono opportune modifiche profonde di questo impianto. Infine,
l’etichettatura. Dal tavolo tecnico arriva un secco no alla possibilità di
indicare varietà e annate per i vini da tavola. Nelle attuali denominazioni,
infatti, il vitigno è sovente associato al territorio e si creerebbe così
confusione al consumatore. Inoltre, l’indicazione del vitigno in assenza di
un Albo vigneti appare allo stato attuale non credibile.
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