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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
 
2
 12-18 Gen.

  2007
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Attualità POLITICA

Le contromosse italiane sull’ocm vino

Il tavolo tecnico delle regioni esamina le proposte dell’Ue

La Commissione europea riprenderà a discutere di vino solo nel secondo semestre di quest’anno, ma intanto il mondo produttivo italiano mette in evidenza tutti i punti deboli della proposta attuale

Proseguono gli incontri tra i rappresentanti delle Regioni italiane, soprattutto quelle maggiormente coinvolte nel settore vitivinicolo, per preparare delle controproposte alla bozza di riforma dell’ocm vino presentata il 22 giugno dello scorso anno dalla commissaria Mariann Fischer Boel.
Verso la fine del 2006 i rappresentanti delle Regioni si sono riuniti in un tavolo di lavoro tecnico per elaborare alcune valutazioni e proposte che al momento sono al vaglio degli assessori agricoli. Si tratta di valutazioni estremamente interessanti che evidenziano la volontà di fornire al ministro Paolo De Castro un contributo importante in vista del negoziato a Bruxelles, che comunque non partirà prima del secondo semestre 2007, quando la presidenza di turno passerà dalla Germania al Portogallo.
L’estirpazione
Il punto che preoccupa maggiormente le Regioni vitivinicole più importanti del nostro Paese è ovviamente quello dell’estirpazione che, secondo le proposte della Commissione Ue, potrebbe coinvolgere circa 400.000 ha di vigneto europeo in cinque anni, per un esborso comunitario di 2,4 miliardi di euro. La proposta non è ritenuta accettabile dal tavolo tecnico in quanto le precedenti esperienze in questa direzione non hanno dato i risultati attesi (si ricorda a questo proposito la pessima esperienza del regolamento n. 1442/88) e, inoltre, potrebbe addirittura andare a ridurre la viticoltura di qualità ma collocata in aree difficili.
Senza dimenticare, sostengono i responsabili viticoli delle Regioni, che in un’ottica di progressiva liberalizzazione dei diritti di impianto questo intervento appare incoerente e decisamente costoso. In sostanza si ritiene che una così cospicua dotazione finanziaria sia preferibile utilizzarla a favore del comparto per azioni positive in relazione agli aspetti ambientali, occupazionali e allo sviluppo dei mercati (comunicazione e promozione).
Il regime di estirpazione, invece, in forma però limitata e soprattutto mirata, potrebbe essere previsto nei programmi regionali per quelle viticolture non qualitative e senza possibilità di riconversione.
Dovrà essere, insomma, un intervento legato a regole totalmente stabilite dalle singole Regioni d’intesa con la filiera con possibilità di modulazione del premio.
I diritti d’impianto
Per quanto concerne l’ipotesi di restrizione dei diritti di impianto (la loro totale liberalizzazione, tanto per intenderci), il 2013 sembra troppo vicino in relazione a tutti gli investimenti fatti per l’acquisto dei diritti.
Per i vini a denominazione di origine, che vengono prodotti su superfici delimitate, si potrebbe pensare a programmi regionali di adattamento delle superfici in relazione agli equilibri di mercato.
In pratica, rendere maggiormente flessibile, in favore delle Amministrazioni pubbliche, la gestione dei diritti di impianto quale strumento per il governo e la programmazione delle produzioni soggette a denominazione di origine, anche in rapporto al loro territorio.
Secondo il tavolo tecnico, la possibilità di trattenere presso la Pubblica amministrazione i diritti di impianto, acquistarli, rilasciarli o contingentarli con elevata elasticità, costituirebbe un potente strumento di governo del potenziale viticolo.
Distillazione e zuccheraggio
Altro punto estremamente delicato è quello della soppressione delle misure di mercato, a partire dagli aiuti alla distillazione.
Qui la posizione è decisamente chiara e condivisa da tutti: la proposta di sopprimere gli aiuti alla distillazione può essere valutata solo in presenza di garanzie sulla disponibilità delle risorse finora destinate a questo intervento.
Significa che la proposta può essere accettata, ma deve essere garantito che il settore non perderà un euro e le risorse quindi dovranno essere dirottate per altri interventi a partire da quelli destinati all’incentivazione della comunicazione e del marketing di settore.
Da prevedere, inoltre, eventuali misure di intervento di crisi nell’ambito dei programmi regionali.
Deciso no, invece, alla soppressione degli aiuti per la distillazione dei sottoprodotti. Secondo il tavolo tecnico, questa misura, oggi compresa tra quelle di mercato, andrebbe collocata tra quelle relative alla qualità, in quanto si tratta di una misura «antifrode».
Altro punto spinoso della proposta della Commissione Ue è quello dell’abolizione dell’aiuto al mosto concentrato, ritenuta accettabile solo in presenza del contestuale divieto dell’uso dello zucchero (nei Paesi dove oggi è consentito).
L’attuale meccanismo di arricchimento «facilitato» (zucchero o mosto con aiuto), infatti, insieme agli aiuti per la distillazione dei prodotti che non trovano mercato, inducono i produttori di vaste aeree a privilegiare la quantità.
Inoltre, il divieto dello zucchero avrebbe effetti immediati nella riduzione dell’offerta (oggi una parte del vino deriva da zucchero non prodotto nelle vigne).
Lo zucchero verrebbe così sostituito da mosti concentrati (dove noi siamo grandi produttori) o da tecniche come la concentrazione a freddo o l’osmosi inversa, che comportano una riduzione della massa del prodotto.
Il produttore, insomma, sarebbe maggiormente motivato a ottenere il necessario grado in vigneto e quindi ad avere rese più equilibrate. La sensazione, comunque, è che su questo punto ci sarà grande battaglia tra i Paesi mediterranei e quelli del Nord Europa e probabilmente l’arricchimento con zucchero sarà importante «merce di scambio» nell’ambito della futura contrattazione a Bruxelles.
Il tavolo tecnico ha preso in esame anche la proposta di omologare le doc viticole alle dop e igp previste per gli altri prodotti tipici. Questa omologazione non piace alle Regioni italiane in quanto le dop e le igp hanno un legame meno forte con il territorio e può riguardare solo una delle diverse fasi: produzione, trasformazione, elaborazione del prodotto.
Se le doc e docg hanno rappresentato il «Rinascimento» del vino italiano, non appaiono opportune modifiche profonde di questo impianto. Infine, l’etichettatura. Dal tavolo tecnico arriva un secco no alla possibilità di indicare varietà e annate per i vini da tavola. Nelle attuali denominazioni, infatti, il vitigno è sovente associato al territorio e si creerebbe così confusione al consumatore. Inoltre, l’indicazione del vitigno in assenza di un Albo vigneti appare allo stato attuale non credibile.


Sommario rivista Fabio Piccoli


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