riviste mensili agricole, riviste settimanali agricole, riviste agricoltura, riviste online agricoltura, riviste agricole specializzate, riviste specializzate agricoltura

riviste agricole, mondo agricoltura, riviste agricoltori  
riviste agricoltura, testate agricoltura, edizioni agricoltura
 
   
Home Riviste   L'Informatore Agrario   Vita in Campagna   Vivere La Casa in Campagna   Mad   Origine   International Agricultural Policy  

elenco prodotti in vendita
n°prodotti: 0
Totale: E. 0,00
cassa

chi siamo





riviste agricole, rivista per gli amanti della campagna, rivista sull'agricoltura professionale, riviste sull'agricoltura non professionale, edizioni dedicate al mondo agricolo, riviste specializzate in agricoltura, testate e giornali online agricoltura


L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
 
1
 6-12 Gen.

  2006
segnala ad un amico  invia ad un amico    scrivi un commento alla redazione  scrivi alla redazione
non in vendita
 

Attualità POLITICA

L’export floricolo paga pegno

Una tassa che si poteva evitare

Il decreto legislativo 214/2005 ha assoggettato il materiale in esportazione alle stesse procedure e al pagamento della stessa tassa fitosanitaria di quello in importazione. La produzione nazionale è a forte rischio di competitività

Un pasticcio inutile e per la floricoltura sicuramente dannoso quello creato dal decreto legislativo n. 214/05, che ha surrettiziamente introdotto le esportazioni nelle procedure di applicazione della direttiva 2002/89/Ce (vedi anche L’Informatore Agrario n. 48/2005, pag. 22).
Infatti, la direttiva in questione, come peraltro tutte quelle che in materia l’hanno preceduta fin dall’inizio degli anni 90, ha come obiettivo l’adozione di «Misure di protezione contro l’introduzione e la diffusione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali».
Per questa ragione, con la ponderosa legislazione comunitaria e le conseguenti misure di recepimento nazionali delle direttive (due pagine di Gazzetta Ufficiale che precedono il testo del decreto 214/05 per poterle citare tutte), si è venuta perfezionando tutta una serie di controlli e di misure per migliorare la protezione dell’intero territorio comunitario contro l’introduzione e la diffusione di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali a tutela delle produzioni agricole comunitarie.
A fronte di questo complesso sistema di controlli all’importazione – posto che i controlli fitosanitari dovranno essere limitati alle introduzioni di prodotti originari di Paesi terzi e ai casi in cui esistono seri motivi che facciano ritenere che una disposizione fitosanitaria non sia stata rispettata – la Commissione con la direttiva 2002/89/Ce (ultima della serie) ha previsto anche l’istituzione di una «tassa fitosantaria» destinata a coprire le spese sostenute per effettuare i controlli ai punti di ingresso delle merci.
Gli Stati membri hanno la facoltà di fissare il livello della tassa fitosanitaria in base a un calcolo particolareggiato dei costi sostenuti dagli organi di controllo oppure di applicare la tassa standard indicata nell’allegato VIII bis. Ovviamente, l’Italia ha optato per l’applicazione della tassa standard in quanto gli organismi di controllo regionali avrebbero potuto fornire dati diversi sull’analisi dei costi e quindi sarebbe stato troppo laborioso per l’autorità centrale arrivare a una loro armonizzazione.
Il decreto legislativo del 19-8-2005 n. 214, oltre a dare attuazione alla direttiva 2002/89/Ce
come recita nel titolo, in maniera quanto meno improvvida, assimila le procedure di esportazione a quelle di importazione assoggettandole alle medesime procedure e applicando la medesima tassa fitosanitaria.
Sarebbe stato invece opportuno, oltre che giuridicamente più corretto, predisporre una specifica disposizione di legge che tenesse conto delle specificità dei vari settori produttivi e delle convenzioni internazionali che prevedono i certificati fitosanitari per i prodotti esportati e la loro conformità alla regolamentazione fitosanitaria dei Paesi importatori i quali, in caso di controllo, ritengono però di nessuna validità i certificati emessi dagli organi di controllo italiani.
Nella specificità dei fiori recisi e delle fronde ornamentali, con l’applicazione del decreto 214/05 si sono riscontrate, in pratica, tutte le incongruenze evidenziate che hanno generato non poche difficoltà procedurali e l’onerosità non giustificata di questa nuova tassa sulle esportazioni.
Costi alle stelle
I fiori, prodotti freschi per antonomasia, sono poco adatti allo stoccaggio e quindi il loro commercio è contraddistinto da partite di ridotte dimensioni e da spedizioni, quando il mercato tira, abitualmente settimanali.
La composizione delle spedizioni è di solito costituita da fiori, fronde e rami fioriti e quindi, stante l’attuale normativa, per ogni partita occorrono 2 o 3 certificati che, al costo unitario di circa 32 euro, portano la spesa per ogni singola spedizione a 64 o 96 euro: un aumento secco di costo che rischia di compromettere la sostenibilità dell’agguerrita concorrenza dei Paesi emergenti o del colosso olandese il quale, pur essendo tenuto all’osservanza della medesima direttiva comunitaria, assoggetta le proprie esportazioni, come dichiarato dall’assessore all’agricoltura della Liguria, Giancarlo Cassini, a una tariffa di soli 17 euro.
Se al costo del certificato si aggiunge la procedura di pagamento anticipato tramite conto corrente postale (1,50 euro di aggio) o tramite bonifico bancario (dai 2 ai 4 euro di spese) si capisce come questo nuovo balzello, invece di garantire la sanità fitosanitaria delle esportazioni floricole, non ottenga altro risultato che deprimere le nostre esportazioni vanificando gli sforzi profusi e le risorse pubbliche e private investite in questi anni in promozione per penetrare con efficacia sui mercati dei Paesi terzi.
È stato annunciato un nuovo decreto ministeriale volto ad attenuare questi nefasti risultati ma gli operatori del settore si aspettano dal ministro Gianni Alemanno che non si faccia impastoiare dalla burocrazia ministeriale e provveda:
- allo stralcio immediato dal decreto legislativo 214/05 delle disposizioni relative alle esportazioni (articoli 43 e 44) non richieste dalla direttiva Ce;
- all’apertura di un confronto sull’argomento al Tavolo di filiera florovivaistico per determinare una nuova normativa ad hoc che tenga conto delle effettive esigenze del settore;
- a restituire alle Regioni l’autonomia per la determinazione delle eventuali tariffe per il rilascio dei certificati fitosanitari all’esportazione da parte dei Servizi fitosanitari regionali;
- a stipulare accordi bilaterali più stringenti con i Paesi aderenti alle convenzioni internazionali per la protezione dei vegetali affinché i certificati italiani assumano maggiore validità effettiva. Infatti, quando gli imprenditori chiedono un più efficiente Sistema Paese che sia di supporto alle loro aziende impegnate nel confronto col mercato globalizzato, si aspettano azioni di supporto delle loro esportazioni e non certo aggravi burocratici di siffatta natura.

Vuoi conoscere in anteprima la nuova grafica de L'Informatore Agrario?
Scarica qui gratuitamente l'articolo completo in formato pdf zippato (Kb 102)



Sommario rivista Claudio Bagnoli


la ricerca

trova 

© 2024 Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l. - Tutti i diritti riservati