POLITICA |
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L’export floricolo paga pegno |
Una tassa che si poteva evitare
Il decreto legislativo 214/2005 ha assoggettato il materiale in
esportazione alle stesse procedure e al pagamento della stessa tassa
fitosanitaria di quello in importazione. La produzione nazionale è a forte
rischio di competitività
Un pasticcio inutile e per la floricoltura sicuramente dannoso quello creato
dal decreto legislativo n. 214/05, che ha surrettiziamente introdotto le
esportazioni nelle procedure di applicazione della direttiva 2002/89/Ce
(vedi anche L’Informatore Agrario n. 48/2005, pag. 22).
Infatti, la direttiva in questione, come peraltro tutte quelle che in
materia l’hanno preceduta fin dall’inizio degli anni 90, ha come obiettivo
l’adozione di «Misure di protezione contro l’introduzione e la diffusione
nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali».
Per questa ragione, con la ponderosa legislazione comunitaria e le
conseguenti misure di recepimento nazionali delle direttive (due pagine di
Gazzetta Ufficiale che precedono il testo del decreto 214/05 per poterle
citare tutte), si è venuta perfezionando tutta una serie di controlli e di
misure per migliorare la protezione dell’intero territorio comunitario
contro l’introduzione e la diffusione di organismi nocivi ai vegetali o ai
prodotti vegetali a tutela delle produzioni agricole comunitarie.
A fronte di questo complesso sistema di controlli all’importazione – posto
che i controlli fitosanitari dovranno essere limitati alle introduzioni di
prodotti originari di Paesi terzi e ai casi in cui esistono seri motivi che
facciano ritenere che una disposizione fitosanitaria non sia stata
rispettata – la Commissione con la direttiva 2002/89/Ce (ultima della serie)
ha previsto anche l’istituzione di una «tassa fitosantaria» destinata a
coprire le spese sostenute per effettuare i controlli ai punti di ingresso
delle merci.
Gli Stati membri hanno la facoltà di fissare il livello della tassa
fitosanitaria in base a un calcolo particolareggiato dei costi sostenuti
dagli organi di controllo oppure di applicare la tassa standard indicata
nell’allegato VIII bis. Ovviamente, l’Italia ha optato per l’applicazione
della tassa standard in quanto gli organismi di controllo regionali
avrebbero potuto fornire dati diversi sull’analisi dei costi e quindi
sarebbe stato troppo laborioso per l’autorità centrale arrivare a una loro
armonizzazione.
Il decreto legislativo del 19-8-2005 n. 214, oltre a dare attuazione alla
direttiva 2002/89/Ce
come recita nel titolo, in maniera quanto meno improvvida, assimila le
procedure di esportazione a quelle di importazione assoggettandole alle
medesime procedure e applicando la medesima tassa fitosanitaria.
Sarebbe stato invece opportuno, oltre che giuridicamente più corretto,
predisporre una specifica disposizione di legge che tenesse conto delle
specificità dei vari settori produttivi e delle convenzioni internazionali
che prevedono i certificati fitosanitari per i prodotti esportati e la loro
conformità alla regolamentazione fitosanitaria dei Paesi importatori i
quali, in caso di controllo, ritengono però di nessuna validità i
certificati emessi dagli organi di controllo italiani.
Nella specificità dei fiori recisi e delle fronde ornamentali, con
l’applicazione del decreto 214/05 si sono riscontrate, in pratica, tutte le
incongruenze evidenziate che hanno generato non poche difficoltà procedurali
e l’onerosità non giustificata di questa nuova tassa sulle esportazioni.
Costi alle stelle
I fiori, prodotti freschi per antonomasia, sono poco adatti allo stoccaggio
e quindi il loro commercio è contraddistinto da partite di ridotte
dimensioni e da spedizioni, quando il mercato tira, abitualmente
settimanali.
La composizione delle spedizioni è di solito costituita da fiori, fronde e
rami fioriti e quindi, stante l’attuale normativa, per ogni partita
occorrono 2 o 3 certificati che, al costo unitario di circa 32 euro, portano
la spesa per ogni singola spedizione a 64 o 96 euro: un aumento secco di
costo che rischia di compromettere la sostenibilità dell’agguerrita
concorrenza dei Paesi emergenti o del colosso olandese il quale, pur essendo
tenuto all’osservanza della medesima direttiva comunitaria, assoggetta le
proprie esportazioni, come dichiarato dall’assessore all’agricoltura della
Liguria, Giancarlo Cassini, a una tariffa di soli 17 euro.
Se al costo del certificato si aggiunge la procedura di pagamento anticipato
tramite conto corrente postale (1,50 euro di aggio) o tramite bonifico
bancario (dai 2 ai 4 euro di spese) si capisce come questo nuovo balzello,
invece di garantire la sanità fitosanitaria delle esportazioni floricole,
non ottenga altro risultato che deprimere le nostre esportazioni vanificando
gli sforzi profusi e le risorse pubbliche e private investite in questi anni
in promozione per penetrare con efficacia sui mercati dei Paesi terzi.
È stato annunciato un nuovo decreto ministeriale volto ad attenuare questi
nefasti risultati ma gli operatori del settore si aspettano dal ministro
Gianni Alemanno che non si faccia impastoiare dalla burocrazia ministeriale
e provveda:
- allo stralcio immediato dal decreto legislativo 214/05 delle disposizioni
relative alle esportazioni (articoli 43 e 44) non richieste dalla direttiva
Ce;
- all’apertura di un confronto sull’argomento al Tavolo di filiera
florovivaistico per determinare una nuova normativa ad hoc che tenga conto
delle effettive esigenze del settore;
- a restituire alle Regioni l’autonomia per la determinazione delle
eventuali tariffe per il rilascio dei certificati fitosanitari
all’esportazione da parte dei Servizi fitosanitari regionali;
- a stipulare accordi bilaterali più stringenti con i Paesi aderenti alle
convenzioni internazionali per la protezione dei vegetali affinché i
certificati italiani assumano maggiore validità effettiva. Infatti, quando
gli imprenditori chiedono un più efficiente Sistema Paese che sia di
supporto alle loro aziende impegnate nel confronto col mercato globalizzato,
si aspettano azioni di supporto delle loro esportazioni e non certo aggravi
burocratici di siffatta natura.
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