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Nuova energia per l’agricoltura |
La crescita dei prezzi del petrolio e il calo di quelli agricoli
rendono più appetibile l’utilizzo dell’agricoltura per fini energetici.
L’Italia deve però elaborare una propria politica in questo senso, senza
copiare modelli per noi non praticabili
Una fase di grandi cambiamenti come quella attuale rende necessario
ricordare qual è la finalità centrale dell’attività agricola: catturare
parte dell’energia solare che l’uomo non può utilizzare direttamente, se non
in misura modestissima,
per trasformarla in forme utilizzabili, che si tratti sia di alimenti che di
materie prime utilizzabili per produrre energia.
La prioritaria necessità di soddisfare i bisogni alimentari ha
sostanzialmente distolto, per lungo tempo, l’attenzione degli agricoltori e
dei decisori politici, specie in Paesi ricchi come quelli europei, dalla
seconda finalità a favore della prima. Negli ultimi anni, invece, è andata
aumentando la consapevolezza che anche la partecipazione, più o meno
diretta, alla produzione di energia da fonti rinnovabili può rappresentare
una parte sempre più significativa dell’attività agricola.
E ciò per diverse ragioni.
Anzitutto vi sono ragioni di natura ambientale: l’intera società si è resa
ormai conto dell’importanza delle fonti energetiche rinnovabili,
anche a causa degli squilibri crescenti provocati, a livello di atmosfera,
dall’uso indiscriminato di combustibili di origine fossile. L’uso di
combustibili o comunque di energia ottenuta da risorse rinnovabili
contribuisce a un mantenimento dell’equilibrio dell’anidride carbonica
nell’atmosfera piuttosto che a un suo aumento.
Una seconda ragione risiede nelle condizioni che si sono determinate negli
ultimissimi anni nel mercato mondiale di petrolio e derivati. A causa del
grande aumento della domanda mondiale e degli eventi bellici e terroristici,
il prezzo del petrolio è salito a livelli record.
Di contro i prezzi delle materie prime agricole, in particolare in Europa,
sono tendenzialmente decrescenti per effetto della liberalizzazione dei
mercati e per la riduzione del sostegno di prezzo alle produzioni agricole,
sostituito da un sostegno diretto dei redditi (disaccoppiamento). È quindi
chiaro che le attuali condizioni, sia a livello europeo che mondiale, sono
tali da motivare un cambiamento radicale nelle condizioni strutturali del
mercato dell’energia e dei prodotti di origine agricola utilizzabili per la
sua produzione. Non si tratterà, quindi, come è già
successo in passato, di «un fuoco di paglia».
La consapevolezza di questo nuovo contesto è andata aumentando molto negli
ultimissimi anni anche presso gli agricoltori italiani, oltre che a livello
politico.
Purtroppo, però, gli interventi non sono sempre stati sufficientemente
lungimiranti. Troppo spesso, ad esempio, ci si è limitati, e purtroppo ci si
limita ancora, a «copiare» esperienze straniere, nate e sviluppate in
contesti produttivi, e quindi di costi di produzione, molto diversi dai
nostri. Altre volte ci si è limitati a tentare di sviluppare solo una parte
della filiera necessaria per la produzione di energia, senza verificare
l’esistenza e l’economia del processo, lungo tutta la filiera.
Ad esempio, non ha senso, dal punto di vista economico, prima ancora che
ecologico, trasportare a lunghe distanze materie prime di basso valore
unitario da utilizzare per la produzione di energia.
E non basta introdurre incentivi vari di anno in anno: un investimento in
energia da fonti rinnovabili di origine agricola e forestale richiede una
capacità di programmazione di lungo periodo e quindi un contesto normativo
chiaro e stabile per un periodo sufficientemente lungo, prima ancora che
sostegni pubblici in ordine sparso.
Infine, se si vuole veramente cogliere quella che appare certamente come
un’interessante opportunità anche per l’agricoltura italiana, è anzitutto
necessario studiare bene e monitorare attentamente, dal punto di vista
agronomico, tecnologico, energetico, ambientale e, non da ultimo, economico,
una «via italiana» all’energia rinnovabile: identificare le soluzioni che
nel nostro particolare contesto ambientale e produttivo sono più efficienti
e utili sia dal punto di vista ambientale che economico, e muoversi in
quella (o quelle) direzioni, non semplicemente «in qualsiasi direzione
purché si tratti di energie rinnovabili». In tempi di risorse pubbliche
sempre più scarse, sprecarne in direzioni sbagliate è un lusso
inaccettabile, oltre che una perdita di tempo e di opportunità.
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