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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
 
1
 6-12 Gen.

  2006
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Editoriale

Nuova energia per l’agricoltura
Gabriele Canali

La crescita dei prezzi del petrolio e il calo di quelli agricoli rendono più appetibile l’utilizzo dell’agricoltura per fini energetici. L’Italia deve però elaborare una propria politica in questo senso, senza copiare modelli per noi non praticabili

Una fase di grandi cambiamenti come quella attuale rende necessario ricordare qual è la finalità centrale dell’attività agricola: catturare parte dell’energia solare che l’uomo non può utilizzare direttamente, se non in misura modestissima,
per trasformarla in forme utilizzabili, che si tratti sia di alimenti che di materie prime utilizzabili per produrre energia.
La prioritaria necessità di soddisfare i bisogni alimentari ha sostanzialmente distolto, per lungo tempo, l’attenzione degli agricoltori e dei decisori politici, specie in Paesi ricchi come quelli europei, dalla seconda finalità a favore della prima. Negli ultimi anni, invece, è andata aumentando la consapevolezza che anche la partecipazione, più o meno diretta, alla produzione di energia da fonti rinnovabili può rappresentare una parte sempre più significativa dell’attività agricola.
E ciò per diverse ragioni.
Anzitutto vi sono ragioni di natura ambientale: l’intera società si è resa ormai conto dell’importanza delle fonti energetiche rinnovabili,
anche a causa degli squilibri crescenti provocati, a livello di atmosfera, dall’uso indiscriminato di combustibili di origine fossile. L’uso di combustibili o comunque di energia ottenuta da risorse rinnovabili contribuisce a un mantenimento dell’equilibrio dell’anidride carbonica nell’atmosfera piuttosto che a un suo aumento.
Una seconda ragione risiede nelle condizioni che si sono determinate negli ultimissimi anni nel mercato mondiale di petrolio e derivati. A causa del grande aumento della domanda mondiale e degli eventi bellici e terroristici, il prezzo del petrolio è salito a livelli record.
Di contro i prezzi delle materie prime agricole, in particolare in Europa, sono tendenzialmente decrescenti per effetto della liberalizzazione dei mercati e per la riduzione del sostegno di prezzo alle produzioni agricole, sostituito da un sostegno diretto dei redditi (disaccoppiamento). È quindi chiaro che le attuali condizioni, sia a livello europeo che mondiale, sono tali da motivare un cambiamento radicale nelle condizioni strutturali del mercato dell’energia e dei prodotti di origine agricola utilizzabili per la sua produzione. Non si tratterà, quindi, come è già
successo in passato, di «un fuoco di paglia».
La consapevolezza di questo nuovo contesto è andata aumentando molto negli ultimissimi anni anche presso gli agricoltori italiani, oltre che a livello politico.
Purtroppo, però, gli interventi non sono sempre stati sufficientemente lungimiranti. Troppo spesso, ad esempio, ci si è limitati, e purtroppo ci si limita ancora, a «copiare» esperienze straniere, nate e sviluppate in contesti produttivi, e quindi di costi di produzione, molto diversi dai nostri. Altre volte ci si è limitati a tentare di sviluppare solo una parte della filiera necessaria per la produzione di energia, senza verificare l’esistenza e l’economia del processo, lungo tutta la filiera.
Ad esempio, non ha senso, dal punto di vista economico, prima ancora che ecologico, trasportare a lunghe distanze materie prime di basso valore unitario da utilizzare per la produzione di energia.
E non basta introdurre incentivi vari di anno in anno: un investimento in energia da fonti rinnovabili di origine agricola e forestale richiede una capacità di programmazione di lungo periodo e quindi un contesto normativo chiaro e stabile per un periodo sufficientemente lungo, prima ancora che sostegni pubblici in ordine sparso.
Infine, se si vuole veramente cogliere quella che appare certamente come un’interessante opportunità anche per l’agricoltura italiana, è anzitutto necessario studiare bene e monitorare attentamente, dal punto di vista agronomico, tecnologico, energetico, ambientale e, non da ultimo, economico, una «via italiana» all’energia rinnovabile: identificare le soluzioni che nel nostro particolare contesto ambientale e produttivo sono più efficienti e utili sia dal punto di vista ambientale che economico, e muoversi in quella (o quelle) direzioni, non semplicemente «in qualsiasi direzione purché si tratti di energie rinnovabili». In tempi di risorse pubbliche sempre più scarse, sprecarne in direzioni sbagliate è un lusso inaccettabile, oltre che una perdita di tempo e di opportunità.

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