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Rame: bisognerą usarne meno

Si va verso una riduzione delle dosi annue nell’utilizzo del rame in agricoltura. Tutto nasce nel 2015, quando l’UE ha ufficializzato la lista delle sostanze attive fitosanitarie candidate alla sostituzione, per le quali potrebbero esistere alternative di minor impatto sull’ambiente: il rame è una di queste a causa della lunga persistenza nel terreno e della tossicità su organismi acquatici e del terreno (in particolare lombrichi).
La questione rame non è di poco conto, considerando il ruolo fondamentale che esso ricopre, soprattutto in agricoltura biologica.
La «task force rame», che a livello europeo riunisce le 13 società produttrici, ha proposto una dose di 6 kg/ettaro all’anno (cioè quella fino a oggi prevista per il biologico), ritenuta la dose minima efficace, flessibile nei 5 anni, individuando al contempo misure di mitigazione del rischio.
Ora la decisione finale spetta all’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, che sulla base dei nuovi studi presentati dovrà pronunciarsi, probabilmente entro il 2017.
Sulla futura autorizzazione comunitaria del rame è però in atto uno scontro tra i diversi Stati membri. Da un lato l’Italia, primo utilizzatore europeo con oltre il 50% dei consumi, e più in generale i Paesi del Mediterraneo dove il rame, grazie all’elevata versatilità di impiego, rappresenta uno strumento fondamentale sia in biologico sia in integrato.
Dall’altra parte troviamo Paesi come Germania, Austria e Repubblica Ceca dove è stato limitato l’utilizzo a 3 kg/ettaro all’anno, o come Finlandia, Svezia, Danimarca, Estonia e Olanda dove addirittura c’è stata la revoca del suo impiego.


Se vuoi approfondire l'argomento, grazie al servizio Rivista Digitale, leggi l'articolo online a pagina 8 de L'Informatore Agrario n. 25/2017!  Clicca qui





 


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