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PSR: l’Italia non riesce a spendere
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Il sistema italiano di applicazione della politica di sviluppo rurale funziona male e arreca un grave danno agli degli agricoltori, i quali soffrono di svantaggi rispetto ai loro colleghi che risiedono in altri Paesi, più capaci di utilizzare le risorse finanziarie del Secondo pilastro della PAC.
Ad attestare l'arretratezza italiana sono i dati sulla quota di risorse comunitarie spese per gli interventi del PSR 2014-2020 a tutto dicembre 2016: il nostro Paese è in penultima posizione con appena il 6,2% dei fondi erogati ai beneficiari, contro una media europea complessiva del 14,2%. L'Italia va a velocità dimezzata e lo dicono le statistiche ufficiali di fonte europea.
Questo significa che le risorse finanziarie per la competitività, per le prestazioni ambientali e per la sostenibilità, per la vitalità dei territori rurali, per l'innovazione e per il sistema della conoscenza stentano a essere trasferite a favore dei beneficiari e a concretizzarsi in investimenti e operazioni virtuose suscettibili di assicurare benefici collettivi (alla società) e individuali (alle imprese).
Soltanto Malta ha un risultato peggiore. La Finlandia ha utilizzato il 35,2% del budget a sua disposizione; l'Austria il 26,9%, il Portogallo il 26,4%, Francia e Germania sono appaiate con il 14,7% e viaggiano allo stesso livello della media Ue.
Delle 21 Regioni e Province autonome italiane, solo due registrano una velocità di spesa superiore alla media europea e sono Bolzano (19,8%) e il Veneto (15,6%). Ci sono situazioni assai critiche, come è il caso del Friuli Venezia Giulia (0,76%) e della Valle d'Aosta (0,67%). Anche Regioni che hanno un proprio organismo pagatore stentano: il Piemonte ha speso solo il 4,9%, con una intensità di spesa tre volte inferiore rispetto alla media dell'intera UE.
Se vuoi approfondire l'argomento, grazie al servizio Rivista Digitale, leggi l'articolo online a pagina 9 de L'Informatore Agrario n. 8/2017! Clicca qui
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