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Il riferimento è al voto del 6 giugno in cui, a dispetto delle dure prese di posizione pubbliche di molti Paesi, solo la piccola Malta ha alzato la bandiera del no. Paesi i cui rappresentanti governativi facevano fuoco e fiamme contro il glifosate, come la Francia, si sono astenuti. Altri, come la Germania, hanno fatto lo stesso nonostante l'Istituto nazionale per la valutazione del rischio avesse dato l'avvio, con un parere positivo, alla procedura di rinnovo nel 2015. L'Italia, in cui si è parlato di «Piano glifosate zero entro il 2020», anche. Austria, Grecia, Portogallo e Lussemburgo sono andati a ruota dei tre grandi.

Gli altri 20 Paesi erano a favore della proposta dell'Esecutivo di rinnovare l’autorizzazione all’uso del glifosate per un massimo di 18 mesi; non abbastanza per raggiungere la maggioranza qualificata.

Se, come  probabile, anche il voto del 23 giugno non sarà risolutivo, la Commissione potrebbe decidere autonomamente come fatto già in passato per l’autorizzazione al commercio di alcuni ogm, ma non è detto che questa volta vada nello stesso modo. Come emerge dalle parole di Andriukaitis, la Commissione sembra essersi stancata di fare da parafulmine in tutte le materie scottanti. 

Il glifo-dramma continua.

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