Uve botritizzate, qualità a rischio

Botrite della vite acini

Il marciume grigio della vite (Botrytis cinerea) rappresenta una delle principali alterazioni che possono interessare i grappoli di vite, specie nel periodo prossimo alla maturazione.

Il danno provocato dal fungo può avere ripercussioni qualitative molto importanti anche con percentuali d’infezione limitate, visti i metaboliti prodotti dal fungo, in grado di alterare la qualità del mosto e del vino, nonostante siano presenti in quantità esigua.

Aspetti qualitativi

Perdita zuccheri

Volendo trascurare la parziale perdita di produzione come effetto diretto a seguito di attacchi botritici, fra i danni principali provocati dal marciume grigio occorre sottolineare una perdita importante della concentrazione zuccherina.

Ossidazioni

Parallelamente alla degradazione degli zuccheri utilizzati dal fungo come fonte di carbonio, B. cinerea produce durante il proprio metabolismo un enzima, la laccasi, dall’elevato potere ossidante, in grado di modificare in maniera permanente i composti fenolici presenti nel mosto, con effetti differenti a seconda che si tratti di uve bianche o nere:

  • Uve bianche. Le sostanze più facilmente ossidabili, catechine e acidi idrossicinnamici, portano alla formazione di composti bruni (per condensazione tra fenoli e chinoni), che rendono il mosto di un colore giallo intenso di difficile eliminazione.
  • Uve rosse. Ma i danni maggiori si evidenziano nella vinificazione in rosso, quando la laccasi ossida rapidamente anche il patrimonio antocianico, offrendo vini dalla scarsa colorazione e tonalità aranciata.

La laccasi, per giunta, risulta molto stabile al pH del vino, non è depressa dalla gradazione alcolica e sopporta agevolmente anche elevati dosaggi di biossido di zolfo. Ciò consente a tale metabolita di proseguire l’attività ossidativa anche sul vino dopo la fermentazione alcolica.

Quadro aromatico alterato

Non solo il colore viene modificato per intervento di B. cinerea, ma l’intero quadro aromatico subisce profonde alterazioni. Nei vini aromatici il metabolismo fungino è in grado di ossidare direttamente i terpeni liberi, dando origine a composti meno aromatici. Per quanto riguarda le varietà non aromatiche, B. cinerea è in grado, ad esempio, di sintetizzare molecole sgradevoli come benzaldeide e furfurale, dal caratteristico sentore di mandorla e tostato, e fenilacetaldeide dall’odore pungente.

Limiti tecnologici

Oltre ai danni qualitativi appena descritti, le uve botritizzate rappresentano una seria difficoltà per l’enologo, anche da un punto di vista tecnologico, a causa delle difficoltà di filtrazione e illimpidimento cui sono soggette.

Dalla degradazione degli zuccheri, il fungo porta alla formazione di una serie di polioli di consistenza mucillaginosa, come mannitolo, eritrolo e mesoinositolo, oltre a un polimero (sino a 200 mg/L) che, partendo dallo stesso glucosio, forma microscopici filamenti che intorbidiscono il mosto.

Fra gli effetti più evidenti del marciume grigio, vi è ancora la capacità di disgregare le sostanze pectiche contenute nella buccia dell’acino, promuovendo la liberazione nel mosto di un’ingente quantità di acido galatturonico (oltre 2 g/L) e acido meso-galattarico (o mucico), entrambi di densità oleosa.

La sommatoria di tutte queste sostanze rende difficoltoso l’illimpidimento del mosto, impedendo anche ai moderni chiarificanti di depositare rapidamente. Di conseguenza, le stesse operazioni di filtrazione risultano estremamente difficoltose, richiedendo a volte più passaggi per ottenere un’adeguata trasparenza.

Limitare al minimo la botrite

Quanto descritto rappresenta solo la frazione macroscopica delle alterazioni provocate da B. cinerea sull’uva, tanto sono importanti e radicate le ripercussioni qualitative che il fungo può apportare. Per tali motivi è fondamentale mettere in atto tutti gli accorgimenti agronomici e fitosanitari per limitare al minimo l’insorgenza di tale sintomatologia.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 19/2017
Uve botritizzate, qualità a rischio
di S. Lavezzaro, A. Morando