Scontro tra le Regioni sui 7 miliardi del Psr

Dopo oltre quattro mesi di discussione che hanno visto impegnati le Regioni, le Province autonome e il Mipaaf, la ripartizione dello stanziamento attribuito all’Italia per il funzionamento della politica di sviluppo rurale nel corso del biennio 2021-2022 non è stata ancora perfezionata.

In gioco ci sono circa 7 miliardi di euro, tra fondi comunitari e nazionali, che devono essere suddivisi in 22 quote, delle quali una spetta al Ministero e 21 prendono la strada delle Regioni e delle Province autonome che hanno il compito di attuare il relativo programma di sviluppo rurale esteso a tutto il 2022.

I tempi stringono, perché entro il prossimo 1° maggio i servizi della Commissione europea dovranno approvare le richieste di modifica dei Psr che ogni autorità di gestione dovrà presentare entro il più breve tempo possibile.

Tutto nasce dall’interpretazione di una frase contenuta nell’accordo raggiunto dalla Conferenza Stato-Regioni il 16 gennaio 2014, quando fu sancita l’intesa per la divisione dei fondi del Psr relativi al settennio appena iniziato che così recitava: «i predetti criteri di riparto si applicano unicamente alla programmazione 2014-2020».

Ci sono sei Regioni italiane (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria) che considerano il biennio 2021-2022 come estensione della vecchia programmazione e ne concludono che non ci siano le condizioni per passare a nuovi criteri.

Le altre Regioni la pensano diversamente e propongono di abbandonare il metodo storico e ripartire i fondi disponibili utilizzando parametri oggettivi e quantificabili che rispecchiano il potenziale economico, ambientale e socio-rurale del sistema agricolo.

La differenza non è di poco conto, in quanto l’utilizzo di un approccio piuttosto che di un altro comporta differenze che sono nell’ordine di diverse decine di milioni di euro nelle due annualità considerate. Ad esempio, la Campania calcola una perdita di spesa pubblica di 153 milioni di euro.

La soluzione del Mipaaf è un compromesso tra le due posizioni che si fronteggiano e prevede di applicare un criterio misto su base storica e oggettiva nel 2021 e 2022 per poi passare, a partire dal 2023, all’utilizzo dei soli criteri oggettivi.

La controversia a livello istituzionale ha un impatto diretto sulle imprese agricole, perché dal volume di fondi attribuito a ciascuna Regione dipende la scelta sulle modalità di attuazione delle misure per lo sviluppo rurale del 2021-2022. Maggiori saranno le risorse assegnate a ciascuna Regione e più elevata sarà la probabilità di pubblicare nuovi bandi e far scorrere le graduatorie esistenti.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 13/2021
Fondi per i Psr, scontro tra Regioni sulla proposta del Mipaaf
di E. Comegna
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