Nematodi galligeni, come riconoscerli e quali danni provocano

Nematodi galligeni su pomodoro

I danni causati dai nematodi possono portare alla morte della pianta, per questo è fondamentale conoscere le principali specie presenti in Italia e le relative soglie di intervento.

I nematodi più pericolosi per l’orticoltura, poiché molto polifagi, sono i galligeni del genere Meloidogyne. Essi sono i più diffusi a livello mondiale, tipici dei terreni sciolti e presenti in tutta la fascia costiera italiana.

Nel Nord Italia si trova soprattutto la specie Meloidogyne incognita, seguita da Meloidogyne arenaria e Meloidogyne hapla; nel Centro-sud sono segnalati M. incognita, M. javanica, M. arenaria.

Ciclo di sviluppo e sintomi

Nel terreno si rilevano i maschi, le uova e le larve di seconda età: in presenza della pianta ospite le larve penetrano dall’apice radicale e svolgono l’intero ciclo di sviluppo all’interno della radice, inducendo la formazione di cellule giganti multinucleate, nelle quali vivono e si alimentano, causando all’esterno iperplasie e ipertrofie (galle) dei tessuti parenchimatici, molto evidenti e principale sintomo di infestazione a livello radicale. Da adulti i maschi sono vermiformi, fuoriescono dalla radice e vivono liberi nel terreno. Le femmine, a forma di fiasco, restano nella radice, sporgono all’esterno con la parte posteriore del corpo e producono un ovisacco gelatinoso pieno di uova.

Le condizioni ambientali favorevoli al loro sviluppo sono rappresentate da temperature di 25-30 °C e umidità del terreno. In queste condizioni il ciclo si completa in 25-30 iorni. In Italia, in pieno campo e su colture annuali, il numero di generazioni è di 4-6 all’anno, a seconda delle temperature e della presenza continua di colture ospiti nella rotazione.

In particolare nel Nord Italia le prime infestazioni compaiono a partire da metà marzo-inizio aprile in funzione delle temperature, si incrementano da giugno a ottobre, declinano da fine ottobre a dicembre.

Nei mesi invernali le infestazioni non sono più rilevabili con un’analisi del terreno a causa della quiescenza delle uova e della morte delle larve o della loro migrazione anche a 70-80 cm di profondità.

In Sicilia per colture ripetute in serra (ciclo autunno-vernino e vernino-estivo) il nematode compie almeno 2 generazioni per ogni ciclo colturale. Il tasso di riproduzione è molto alto, anche più di 1.000 volte la carica nematodica presente all’impianto della coltura. Tuttavia il declino delle popolazioni è piuttosto rapido dopo la raccolta, in funzione delle temperature e del contenuto idrico del terreno: in estate su terreno lasciato libero dopo la coltura ospite, la quantità di larve si riduce del 50% in quindici giorni e dell’85% in un mese; dopo alcuni mesi la popolazione rimane quasi costante a livello del 5% di quella iniziale.

Sopravvivono nel terreno come uova, quiescenti fino a 3 anni e come larve di seconda età, in grado di vivere in estate per poche settimane in assenza della coltura ospite e in inverno per pochi mesi. Il fattore di schiusura delle uova è determinato soprattutto da adatte condizioni ambientali, in considerazione della polifagia del nematode, che trova piante ospiti anche nelle erbe spontanee, soprattutto solanacee e ombrellifere dei campi non coltivati.

Colture colpite

In tutta Italia i nematodi causano danni elevati a colture orticole e floricole di serra e pieno campo e a colture da seme coltivate su terreno sabbioso. Senza un’adeguata protezione iniziale possono danneggiare anche piante arboree in vivaio e in giovani impianti. Le specie vegetali ospiti appartengono a diverse famiglie botaniche di seguito elencate.

Solanacee: pomodoro, peperone, melanzana, patata; cucurbitacee: cetriolo, zucca, zucchino, anguria, melone; leguminose: fagiolo, fagiolino, pisello; ombrellifere: sedano, finocchio, prezzemolo, carota; lamiacee: basilico; composite: lattuga, radicchio, insalate; chenopodiacee: spinacio, bietola; drupacee: pesco, albicocco; vitacee: vite; rosacee: fragola, rosa; cariofillacee: garofano; actinidiacee: actinidia.

Nematodi galligeni danni su carota
Ingenti danni da Meloidogyne incognita su carota

Danni e soglia di intervento

I nematodi galligeni possono causare danni diretti e indiretti. I sintomi sono generalmente aspecifici e consistono in un deperimento graduale della pianta dovuto al deterioramento del sistema conduttore causato dalle alterazioni morfoistologiche della radice (cellule giganti e galle). Questo stato determina crescita stentata fino a giungere all’arresto dello sviluppo, estesi ingiallimenti e clorosi fogliare, appassimento nelle ore più calde della giornata, evidenti carenze minerali (potassio e fosforo), maggiore sensibilità agli stress idrici e di natura ambientale, vistose riduzioni sia di qualità sia di quantità della produzione, fino alla morte prematura della pianta.

Nelle fasi precoci dell’attacco soltanto l’osservazione diretta delle radici può confermare l’insediamento di Meloidogyne attraverso la presenza delle galle.

I danni indiretti possono essere ugualmente importanti: in genere si manifestano con una maggiore predisposizione delle piante a infezioni da funghi tracheomicotici (Fusarium spp. e Verticillium spp.) che diventano più aggressivi in presenza di nematodi, perché facilitati nella penetrazione nella radice dalle ferite causate dalle larve di Meloidogyne e avvantaggiati dalle alterazioni biochimiche delle cellule provocate dal nematode. Per alcuni patogeni, come la suberosi radicale del pomodoro (Pyrenochaeta lycopersici) è stato provato il ruolo attivo dei nematodi nel trasporto delle spore del fungo nella radice. In qualche caso le infestazioni di nematodi galligeni possono rompere la resistenza della pianta ad altri patogeni.

Per tutti questi motivi e per la vasta gamma di ospiti, la soglia di tolleranza ai nematodi galligeni in terreno sabbioso è estremamente bassa, meno di 1 uovo e/o larva/cm³ di terreno.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 19/2012
Nematodi orticoli: quali danni e come riconoscerli
di G. Curto