Maiscoltura nazionale: eccellenza da salvaguardare

Il quinto appuntamento del ciclo di incontri promosso da Libera Agricoltori e CremonaFiere è stato dedicato alla maiscoltura, la coltura più diffusa a Cremona, e non solo, e che è la base alimentare di bovini , suini e pollame che a loro volta alimentano alcune delle più ricche filiere di prodotti dop e di pregio dell’agroindustria nazionale.
«L’incontro è stato organizzato, ha detto Amilcare Mainardi, presidente della sezione cereali della Libera, proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla grave crisi che il mais sta attraversando da alcuni anni a questa parte. Crisi di carattere economico che ne ha comportato una forte diminuzione in termini di superficie investite e quindi di disponibilità di prodotto. In soli dieci anni si è passati dall’autosufficienza a dover importare quasi il 50% del fabbisogno maidicolo.

Alla ricerca di soluzioni alla crisi del mais

Da tempo la Libera, con la sua sezione cerealicola ed Ami, stanno lavorando su questo problema per cercare di trovare adeguate soluzioni. Tra le altre cose il ricorso alluso di grandi quantità di mais di importazione potrebbe avere degli effetti molto negativi anche sulle filiere zootecniche dop».
Concetto che è stato ripreso dall’intervento di Cesare Soldi, presidente di Ami, l’Associazione dei maiscoltori italiani. «Su questo settore ci troviamo a dovere competere in un contesto internazionale ma, a differenza dei produttori degli altri paesi, abbiamo una serie di vincoli e di problemi tutti italiani. A partire dalla produzione che, mentre da noi è scesa del 40%, nel mondo è aumentata del 30%. Un primo e importante risultato è stato raggiunto: il Ministero dell’Agricoltura ha riconosciuto la gravità della situazione e ha reso istituzionale quel tavolo creando quattro gruppi di lavoro di alto livello, che a breve dovranno fornire gli elementi per definire un Piano Maidicolo Nazionale con obiettivi specifici e dotato di risorse opportune per conseguirli».

Le proposte della Ricerca

Per Amedeo Reyneri, dell’Università di Torino, l’obiettivo deve essere quello di arrivare ad una netta distintività del mais nazionale, «ma occorre anche lavorare per aumentare le rese, che sono quelle che consentono di ottenere risultati economici. È vero che in Italia non disponiamo di mezzi e di superfici di altri paesi ma proprio per questo ci dobbiamo ingegnare di lavorare su tanti piccoli accorgimenti di carattere agronomico per migliore le prestazioni della coltivazione del mais: l’epoca di semina e quella della fioritura sono estremamente importanti, la densità di piante per metro quadrato, oppure il ricorso a biostimolanti che ottimizzano l’assorbimento di microelementi e poi l’adozione di misure che consentano di migliorare la qualità e la sanità delle produzioni».

Tema sul quale già da tre anni la Sezione cereali della Libera sta lavorando e che è stato sviluppato da Paola Battilani dell’Università di Piacenza. «È già il terzo anno che vengo invitata a parlare agli agricoltori cremonesi di questo tema e ciò attesta l’importanza dell’argomento. A Piacenza abbiamo sviluppato un metodo per il biocontrollo delle aflatossine, è una sorta di lotta biologica che consiste nel favorire la crescita e la diffusione di ceppi fungini che non producono aflatossine e che ostacolano lo sviluppo di quelli dannosi. I risultati sono stati buoni tanto che il prodotto ha avuto una autorizzazione alla diffusione commerciale, sia pure temporaneo, almeno per ora. In pieno campo il contenimento delle aflatossine ha raggiunto oltre il 90%».

Battilani ha fatto un rapido cenno anche all’uso del mais contaminato per produzione energetica: «da prove sperimentali, utilizzando mais anche fortemente contaminato nei biodigestori, abbiamo potuto riscontrare come nel digestato in uscita il livello di contaminazione fosse molto ma molto ridotto, addirittura poco significativo, rispetto al livello in entrata».

Infine Michela Alfieri del Crea di Bergamo ha illustrato i contenuti di un opuscolo divulgativo realizzato dal Crea stesso in collaborazione con le sezioni cerealicole della Libera e di Confagricoltura Brescia.

Opuscolo (scaricabile qui)  che fa seguito ad un altro lavoro divulgativo sul tema del controllo delle aflatossine di un paio di anni fa.