Per fare reddito non basta produrre molto latte

Prendendo come riferimento i dati medi produttivi registrati ai controlli funzionali per la razza Frisona Italiana durante gli ultimi 50 anni si nota come la produzione di latte per bovina controllata sia più che raddoppiata passando dai 4.500 kg/lattazione del 1970 agli oltre 9.600 kg del 2017. Purtroppo però, a questi risultati positivi si sono affiancati preoccupanti dati gestionali, come ad esempio la durata sempre più breve della vita produttiva delle nostre vacche da latte: gli ultimi 30 anni hanno visto una diminuzione nel numero medio di lattazioni per vacca, scese da 2,78 dell’anno 1990 a 2,33 del 2017.

Per questo il successo economico della moderna azienda da latte non è unicamente legato alla presenza di bovine altamente produttive, ma questi animali devono conciliare l’obiettivo della produzione alla capacità di mantenersi sani e fertili nel tempo. Sempre più nell’ottica della resilienza, ovvero la capacità di trasferire i propri geni alla progenie, sapendo sopportare sfide ambientali di diversa origine.

Razione resilient friendly

L’alimentazione rappresenta uno dei fattori su cui nel prossimo futuro il comparto dell’allevamento della vacca da latte sarà chiamato a fare una profonda riflessione. I bovini sono e restano una specie ruminante che la catena alimentare naturale vorrebbe posizionata tra i consumatori primari, ovvero tra gli animali che dovrebbero basare la propria nutrizione sui foraggi, godendo di un  alimento in grado di apportare fibra digeribile, zuccheri semplici, proteine solubili, minerali e vitamine.

L’obiettivo di soddisfare i crescenti fabbisogni produttivi delle bovine ha infatti visto una perdita d’interesse nei confronti della quota foraggera della razione, con una sua progressiva sostituzione con alimenti concentrati a prevalente contenuto amilaceo e proteico. In maniera allarmante, studi recenti hanno associato l’utilizzazione di piani alimentari a elevato tenore amilaceo a un aumento delle concentrazioni di endotossine prodotte da batteri gram-negativi sia nel rumine sia a livello intestinale. La presenza di queste sostanze e il loro probabile passaggio soprattutto attraverso la parete intestinale favorirebbe nella bovina la comparsa di un quadro pro-infiammatorio locale e sistemico.

 

Tratto dall’articolo pubblicato sul Supplemento Stalle da Latte a L’Informatore Agrario n. 03/2019
Per fare reddito non basta produrre molto latte
di G. Cozzi
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