Resistenza agli antiperonosporici, la prevenzione parte dal monitoraggio

peronospora della vite

In Italia lo scenario sulla diffusione del fenomeno della resistenza di P. viticola agli antiperonosporici non risulta drammatico dal momento che, nella maggior parte dei territori centro-settentrionali (dove le indagini si sono concentrate), sono ancora molteplici i meccanismi d’azione ai quali fare riferimento nella impostazione delle strategie di difesa.

D’altro canto, anche gli areali più compromessi mostrano spesso la presenza di resistenza in campo verso alcuni meccanismi di azione in modo molto puntuale (vigneto) o comunque in areali abbastanza delimitati tanto da consentire una adeguata gestione del patogeno nonostante la riduzione o la sospensione dell’utilizzo delle sostanze attive con meccanismo di azione compromesso.

Inoltre occorre considerare che la stessa sospensione dell’uso di un meccanismo di azione potrebbe consentire il suo reinserimento nei programmi di difesa negli anni successivi, dal momento che la diminuita o assente pressione selettiva esercitata potrebbe effettivamente condurre a una decisa regressione del fenomeno. Ciò purtroppo si è visto non essere possibile per i QoI (azoxystrobin, pyraclostrobin, famoxadone e fenamidone) per i quali i numerosi anni di sospensione non hanno determinato una riacquisizione di sensibilità da parte del patogeno.

Allo scopo di evitare drammatici cali di efficacia in campo riconducibili all’instaurarsi di resistenza nelle popolazioni di P. viticola, è necessario rilevare la presenza di individui con ridotta sensibilità fin dalle prime fasi della loro comparsa. Ciò è reso possibile solo attraverso indagini di monitoraggio territoriale capaci di valutare la sensibilità del patogeno in campo su aree quanto più ampie possibili.

Monitorare un territorio per la resistenza significa infatti essere in grado di poter prevedere l’eventuale sviluppo ed evoluzione nel tempo del fenomeno affinché possano essere evitati i cali di efficacia in pieno campo causati da un aumento importante della frequenza degli isolati resistenti all’interno della popolazione del patogeno.

Le indagini sono d’altra parte utili anche per gestire il fenomeno qualora non si sia stati in grado di prevenirlo, adottando adeguate miscele e alternanze dei prodotti non coinvolti e periodi di sospensione dell’utilizzo di sostanze compromesse per evitare aggravamenti delle perdite produttive ma anche, come accennato, per consentire una possibile regressione del fenomeno stesso.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su Vite & Vino n. 5/2018 a pag. 27
Fenomeni di resistenza ai fungicidi di Plasmopara viticola
di M. Collina
L’articolo completo è disponibile anche sulla Rivista Digitale