Pere: l’export può aiutare, ma è essenziale l’aggregazione

pere Williams

A raccolta quasi terminata, Opera e Origine Group ci forniscono il punto della situazione all’inizio della campagna 2018-2019 e qualche commento su quella precedente. Insieme rappresentano circa il 40% della produzione di pere italiane e sono quindi da considerarsi i migliori interlocutori per sondare il polso della situazione di una delle colture che è sempre stata un fiore all’occhiello della frutticoltura italiana e che ci pone ancora al vertice in Europa e nel mondo dal punto di vista produttivo.

«La produzione 2018 di Opera ha dovuto superare problematiche agronomiche impegnative» ci spiega il direttore generale Luca Granata.  In Italia, gli ettari destinati a questa coltura sono diminuiti del 30% negli ultimi 20 anni, passando da 27.000 a meno di 19.000 ha. Per incidere in modo strutturale e sistematico sul mercato e invertire questo trend negativo bisogna aumentare il livello di aggregazione, considerata da Opera «largamente inferiore a quello che sarebbe necessario».

Alessandro Zampagna, general manager di Origine Group ci spiega che c’è soddisfazione perché calibro, pezzatura e caratteristiche organolettiche sono più che soddisfacenti, ma «c’è una percentuale di danni da insetti importante, al di là di quelli provocati dalla cimice asiatica. Per cui la percentuale di prodotto di I categoria è risultata inferiore rispetto al previsto». Sempre secondo Zampagna «tutti i mercati sono difficili, l’importante però è riuscire a collocarsi altrove per togliere dal mercato locale quantitativi e quindi pressione sui prezzi».

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 38/2018 a pag. 39
Pere: l’export può aiutare, ma è essenziale l’aggregazione
di A. Franceschini
L’articolo completo è disponibile anche su Rivista Digitale e Banca Dati Online