Con le azioni giuste l’amaranto su soia non è un problema

Coltivazione di soia sovrastata dall’amaranto resistente agli ALS, una situazione ormai frequente in Friuli Venezia Giulia

Dai monitoraggi eseguiti nel 2018 e 2020 in Friuli-Venezia Giulia dal Servizio fitosanitario dell’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale – Ersa è emerso che l’amaranto resistente è diffuso in tutta la regione e il problema è particolarmente evidente negli areali di coltivazione della soia, soprattutto nelle zone non irrigue o dove al massimo si interviene con l’irrigazione di soccorso.

«Al contrario dei prodotti antigerminello, impiegati subito dopo la semina su terreno privo di infestanti – spiega Renato Danielis, tecnico dell’Ersa FVG – l’attivazione delle sostanze attive di post-emergenza non dipende da un apporto idrico successivo alla loro distribuzione. È questo il motivo principale che spinge gli agricoltori che operano negli areali sopra descritti a optare, anno dopo anno, per trattamenti di post-emergenza, specialmente nel caso di coltivazione di soia di secondo raccolto seminata tra fine giugno-inizio luglio, quando le precipitazioni sono scarse».

Dalle indicazioni di Danielis e della sua collega Gaia Dorigo, sembra che in questi areali si stia ridestando l’interesse verso il diserbo preventivo della soia: «In base alla mia esperienza e alle prove sperimentali svolte in campo – dice Danielis – posso affermare che le strategie di diserbo per la soia che prevedono l’utilizzo di erbicidi ad azione residuale distribuiti in pre-emergenza e post-emergenza precoce sono indispensabili. Infatti, oltre a dare ottimi risultati nel contenimento delle popolazioni di infestanti resistenti già insediate (ad es. l’amaranto), rallentano l’insorgenza di nuove resistenze (ad es. su graminacee).

L’efficacia degli erbicidi antigerminello è garantita dal fatto che vengono impiegati sempre sotto forma di miscela composta da diverse sostanze attive a siti d’azione multipli e diversi tra loro».

Strategie di diserbo mirate agli amaranti

Ma se fino a pochi anni fa l’infestante più preoccupante per la soia era il Chenopodium album (farinello comune), oggi sono le differenti specie di Amaranthus a essere di difficile controllo: «Il Chenododium album è stata l’infestante più preoccupante – spiega Dorigo – fino a quando non è stata ampliata la registrazione del tifensulfuron-metile su soia, ma oggi sono appunto gli amaranti a preoccupare, basti pensare che in alcuni areali possono pregiudicare addirittura la semina della soia.

Come già evidenziato, il problema si manifesta nei casi in cui si fa ricorso ai soli erbicidi attivi a livello dello stesso sito d’azione e appartenenti alla classificazione Hrac «ALS» (inibitore dell’acetolattato sintasi ALS), quando invece si utilizzano strategie di diserbo che contemplano l’impiego di erbicidi preventivi associati a interventi mirati con formulati di post-emergenza il problema infestanti su soia viene risolto nel 90% dei casi».

Poche operazioni indispensabili

Da un punto di vista prettamente agronomico, le operazioni per massimizzare il risultato del controllo delle infestanti su soia sono poche, ma indispensabili: «La prima raccomandazione è di tenere puliti da infestanti perennanti e annuali i terreni a riposo e in assenza di colture – evidenzia Danielis – attuare un’ampia rotazione, inserendo colture autunno-vernine per interrompere la germinazione consecutiva negli anni delle infestanti primaverili-estive.

In abbinamento e in alternativa agli erbicidi sono sempre valide le lavorazioni meccaniche, eventualmente associate alla tecnica della falsa semina, ricordando che questi interventi sono sempre legati a condizioni pedoclimatiche favorevoli».

«È importante anche monitorare l’effetto degli erbicidi utilizzati – aggiunge Dorigo – in modo da poter intervenire in caso si verifichi una presenza ingiustificata di qualche infestante, eliminandola, anche manualmente o meccanicamente, per evitare che vada a seme. Consigliamo anche di far seguire alla distribuzione di erbicidi di pre-emergenza un’irrigazione nel caso in cui non subentrino precipitazioni sufficienti ad attivarli entro una decina di giorni».

Articolo di Lorenzo Andreotti pubblicato su L’Informatore Agrario n. 12/2021