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2004 |
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POLITICA |
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Ogm: è ora di fare chiarezza |
È forse giunto il momento di
riflettere con maggiore attenzione e serenità sul tema degli ogm in agricoltura
prima che a fare le scelte
per noi siano altri Paesi, come è già avvenuto con il nucleare
Il problema degli organismi
geneticamente modificati in agricoltura è uno dei più controversi. Il mondo
appare diviso in due blocchi: tra i favorevoli vi sono, oltre ovviamente alle
aziende produttrici di sementi ogm, numerosi scienziati delle più disparate
università e centri di ricerca nazionali ed esteri; tra i contrari, oltre ai
movimenti ambientalisti, vi sono oramai diversi produttori e distributori che
hanno colto le preoccupazioni, o meglio le paure, dei consumatori che in
larghissima maggioranza hanno più volte dichiarato la loro netta contrarietà al
consumo di prodotti ogm.
Dunque la materia è
complicata, tocca sensibilità assai diverse che attraversano tutte le
formazioni politiche, sia di Centro-sinistra come di Centro-destra. L’ultima
decisione del Governo Berlusconi di bloccare la legge della Regione Puglia sul
divieto di coltivazione in pieno campo di piante ogm (vedi a pag. 11) è forse
il caso più emblematico. Non solo perché la Regione Puglia è governata dal
berlusconiano Raffaele Fitto, ma perché il ministro Gianni Alemanno, autorevole
esponente di Alleanza nazionale, ha precisato di aver votato contro il suo
Governo e a favore della legge pugliese.
Lungi dal voler cercare di
convincere gli uni o gli altri, tenterò di chiarire solo alcuni luoghi comuni
errati con la speranza di contribuire a fare chiarezza e a prendere decisioni
più consapevoli.
«L’Italia non ha bisogno di ogm; le produzioni agricole tradizionali sono in grado di soddisfare le nostre
esigenze».
L’affermazione è totalmente
errata. L’Italia, infatti, come d’altra parte l’intera Europa, è nettamente
deficitaria di soia e mais, prodotti che vengono in larga misura – oltre 40
milioni di tonnellate – importati da Paesi terzi che hanno fatto la scelta in
favore degli ogm. Come è noto, infatti, Usa, Brasile o Argentina, e cioè i
Paesi principali esportatori mondiali, hanno investito oltre i 2/3 della loro
superficie a ogm.
La nostra industria
mangimistica non è assolutamente in grado di produrre mangimi per i nostri
allevamenti bovini sia da latte che da carne, come per i suini o gli ovicaprini
senza far uso soprattutto di soia, ma anche di mais di importazione. Le
proteine della soia non sono sostituibili in larga scala con leguminose
alternative.
Da quanto detto deriva una
prima fondamentale riflessione: non vi è prodotto di origine animale, sia esso
latte, formaggio o carne, prodotto tipico e non tipico, prodotto dop e non dop
che non sia stato ottenuto con mangimi contenenti ogm. Fatto salvo per una
piccola parte di produzioni zootecniche biologiche dove è garantito l’uso di
mangimi ogm free (ammesso e non sempre concesso che sia davvero possibile la
totale assenza di contaminazione con farine di soia ogm).
Dunque il nostro principe dei
formaggi dop, il Parmigiano-Reggiano, come il nostro migliore Prosciutto di
Parma o il nostro Culatello di Zibello sono stati prodotti in larghissima
misura da vacche da latte e maiali allevati con mangimi ogm. Il primo
suggerimento è di non criminalizzare troppo gli ogm: potremmo un giorno
pentirci di averlo fatto se i consumatori dovessero scoprire come stanno
realmente le cose.
«Indipendentemente dalle
scelte fatte dai nostri partner europei, dobbiamo avere normative
ipergarantiste sulla coesistenza tra le colture tradizionali e quelle ogm,
magari vietando la coltivazione degli ogm su larga parte del territorio
nazionale».
Affermazione di principio che
potrebbe apparire corretta se non fosse in larga parte messa in discussione
proprio dalle scelte che i nostri confinanti hanno adottato o adotteranno.
L’esempio della scelta unilaterale dell’Italia di abbandonare completamente la
produzione di energia nucleare, salvo poi acquistare energia da centrali
nucleari costruite sui nostri confini dalla Francia e dalla Svizzera,
certamente non ha messo al riparo i nostri cittadini da eventuali disastri tipo
Cernobyl. Queste scelte hanno la necessità per loro natura di essere condivise
a livello europeo e se la maggioranza dei nostri partner non la pensa come noi,
dobbiamo avere la serietà di prenderne atto e spiegarlo ai nostri concittadini.
I luoghi comuni sugli ogm
sono tanti e difficili da rimuovere. Auguriamoci che nel prossimo futuro il
Vaticano, che ha recentemente dedicato, sotto la guida del cardinale Renato
Martino, una riflessione di due giorni con i massimi esperti mondiali sul tema,
possa contribuire, con la millenaria saggezza della Chiesa, a chiarire
all’opinione pubblica che gli ogm non sono il «diavolo»!
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