POLITICA |
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Ogm sì, ogm no |
Il varo del decreto legge
sugli organismi geneticamente modificati preludea una sostanziale impossibilità
di coltivazione in Italia. Una scelta questa che ci allontana dai Paesi che si
sono dotati di una legislazione più possibilistaDopo un lungo dibattito è stato varato il decreto legge sulla coesistenza tra
colture convenzionali e biotech (ogm). Tale decreto limita, di fatto, la
coltura di piante geneticamente modificate in Italia, salvo uso scientifico. Vi
è un anno di tempo perché le Regioni varino il loro provvedimento, ma cambierà
poco.
Le organizzazioni agricole si
sono presentate divise su questo argomento. La
Coldiretti è decisamente a favore di una legislazione
proibizionista, Cia e Confagricoltura contrarie anche se con sfumature diverse.
Nel bel mezzo della
discussione, che ricalcava le diatribe interne del mondo agricolo, in cui
ognuno si ritiene portatore di grandi verità, un gruppo di scienziati e ben 18
società scientifiche italiane, in rappresentanza di 10.000 ricercatori, sono
scese in campo a favore delle colture ogm in un chiaro e dettagliato manifesto.
Non si tratta di sigle da
poco, ma del fior fiore dei biologi e scienziati
italiani. Dai tossicologi, ai farmacologi, ai veterinari delle produzioni
animali. Come se non bastasse, lo scienziato oncologo ed ex ministro Umberto Veronesi ha preso una posizione decisamente a favore
degli ogm. In una sua intervista ha detto che lui
personalmente sceglierebbe per alimentarsi i prodotti ogm in quanto più
controllati. Non è mancata una stoccata al pericolo del mais non ogm e
biologico che ha alte probabilità di contenere aflatossine, cioè
micotossine naturali potenzialmente cancerogene. Il mais ogm ne sarebbe esente
(la cosa, mi perdoni Veronesi è più complicata).
Altri appelli, ma veramente
pochi, del mondo scientifico, sono apparsi a favore del « bando» degli ogm. Con
una disinvoltura eccessiva e colpevole, salvo un breve dibattito sulla stampa
per le frasi provocatorie di Veronesi, il «manifesto»
degli scienziati è stato ignorato.
Da come stanno le cose l’Italia diventerà un’isola non ogm in Europa e nel
Mondo. Ne avremo veramente dei vantaggi? Abbiamo dei
dubbi. Francia e Germania si stanno orientando verso
una legislazione più possibilista. Vediamo in concreto i bandoli della matassa.
Oggi come
oggi, convenienti per l’Italia, vi sono sul mercato solo due piante ogm: la
soia Rr e il mais Bt. Vi è anche il colza, una coltura poco diffusa nel nostro Paese. Si
tratta di piante che permettono agli agricoltori risparmi sui costi. Una, la soia, semplificando il diserbo, l’altra, il mais,
assicurando protezione contro un insetto, la piralide. Non sono pertanto piante
di per sé più produttive, ma lo possono diventare in quanto è più facile
combattere infestanti e insetti. Lo stesso risultato lo si
può ottenere ugualmente, ma con più costi e più inquinamento.
Per il mais ha ragione Veronesi, quello transgenico impedisce la
proliferazione di piralide e aflatossine, ma ha anche ragione chi dice che in
Italia vi è poco mais con aflatossine. Si tratta di un voluto equivoco, perchè
quest’anno, che è stata una annata particolare, pare
non vi siano aflatossine. L’anno scorso, invece, è stato un disastro, come ben
sanno i produttori di latte della pianura padana che ne hanno dovuto
distruggere migliaia di quintali prodotte da vacche alimentate con mais
contaminato.
Vorremmo invece spostare il
discorso su di un elemento più concreto, ovvero come
il bando degli ogm comporta la mancanza di seme (o
materiale genetico) ogm italiano, mettendoci anche per il futuro nelle mani
delle ditte sementiere multinazionali. Già ora non abbiamo quasi più seme
tradizionale italiano, domani saremo decisamente
colonizzati.
Per completare il quadro diciamo che sia di mais che di soia transgenica (ogm) in
Italia ne sono importati, in modo legittimo, grandi quantitativi, che sono
usati nell’alimentazione animale. I mangimi ogm sono peraltro etichettati come
tali. Di questo nessuno però ne vuole parlare.
Concludendo: molti agricoltori vogliono piante ogm perché costa
meno produrle rispetto alle tradizionali. Si tratta di pochi euro, ma con la
riforma della politica agricola comunitaria anche questi soldi diventeranno
preziosi.
Le organizzazioni agricole
sono sempre pudiche quando si parla di denaro, ma in
fondo è di questo che si tratta. E che cosa c’è di
male? Dal 2004 al 2013, scadenza dell’attuale pac, si vedrà nelle campagne
italiane una crisi gigantesca. Il ministro e la Coldiretti dicono
che gli ogm distruggerebbero la tipicità dei prodotti agricoli italiani con un
danno ben superiore ai benefici. È vero anche questo. Il concetto di qualità e
tipicità è certamente una visione corretta, ma è
limitato a una piccola parte dell’agricoltura italiana, e forse si è già
arrivati al limite; basti vedere i passi indietro del biologico e di
prestigiosi tipici.
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