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L'Informatore Agrario
Sommario rivista Approfondimento
6
 9 - 15 Feb.

  2007
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Editoriale

Sviluppo rurale senza una rotta
Geremia Gios

I nuovi Piani regionali non sembrano rispondere in modo adeguato alla necessità di orientare e indicare la strada al mondo agricolo. Il rischio ora è che ciò che non si è scelto a ragion veduta venga scelto da altri o dal caso

Sono stati appena approvati o sono in corso di approvazione, a livello nazionale e regionale, i Piani di sviluppo rurale per il periodo 2007-2013. Si tratta di un momento importante sia perché tali piani determinano nel concreto come saranno impiegate nei prossimi anni le risorse destinate a finanziare l'attività agricola, sia perché con il 2013 è prevista una ulteriore riforma della politica agricola comune e, quindi, questi piani dovrebbero servire, tra le altre cose, a preparare il settore agroforestale italiano a un contesto prevedibilmente più competitivo e con meno risorse pubbliche disponibili.
I Piani, o le bozze di Piano, che si è riusciti a consultare sono documenti corposi che elencano misure su misure attraverso le quali si delinea un numero molto elevato di possibilità di intervento.
Se tali misure vengono esaminate in dettaglio, una per una, è difficile non condividerne il contenuto, anche se in taluni casi si arriva a dettagli così precisi che sembra quasi di poter identificare immediatamente i pochi potenziali beneficiari. Al tempo stesso risulta difficile, tenendo conto anche dei vincoli comunitari, avanzare suggerimenti di ulteriori misure o individuare aree di possibile intervento non considerate.
Tutto bene dunque? Non proprio, almeno a mio personale giudizio. Se, infatti, le singole misure appaiono soddisfacenti quello che manca è la possibilità di individuare l'obiettivo generale verso cui si intende convergere.
Infatti, se ci si mette dalla parte dei destinatari delle misure, vale a dire dalla parte del mondo agricolo, non c'è risposta alla domanda più semplice, ma anche più importante, che si è indotti a porsi.
Quale agricoltura si vuole? Sappiamo, semplificando, che un agricoltura orientata alla riduzione dei costi è cosa diversa da una agricoltura volta all'ottenimento di prodotti di qualità, così come ancora diverso è un settore orientato alla gestione dell'ambiente. Questa diversità riguarda non solo i prodotti finali, ma anche le modalità con cui gli stessi sono ottenuti. Nei diversi casi serve una diversa struttura aziendale, forme diverse di integrazione a monte e a valle, una diversa capacità imprenditoriale, un diverso orientamento della ricerca, differenti strumenti di politica economica.
Con questo non voglio dire che l'Italia, o le singole Regioni, devono perseguire un unico modello di agricoltura. Sono possibili e, forse, necessarie agricolture con obiettivi e tecniche diversificate. Quello che è necessario sapere è il peso relativo di tali diverse agricolture e in base a quali elementi alla singola azienda è utile orientarsi verso l'uno o l'altro dei modelli possibili.
La politica agricola ha non solo il compito di mettere a disposizione risorse, ma anche e soprattutto quello di orientare i comportamenti dei singoli e dei gruppi. Se i piani di sviluppo rurale attuali rispondono alla prima esigenza, molto meno sembrano rispondere alla seconda che, sotto certi aspetti, è più importante.
Nel tentativo di non perdere opportunità oppure, più semplicemente, per non scontentare nessuno, si è dato un po' qua un po' là. L'obiettivo di non scontentare nessuno è stato quasi sicuramente raggiunto. Infatti le polemiche, i punti di vista contrari, le proposte alternative praticamente non ci sono.
Relativamente alla perdita di opportunità, per contro, si ritiene che ciò che si è guadagnato nel breve periodo sarà perso con gli interessi nel lungo. Infatti, una impostazione di questo tipo non può che portare a un ulteriore disorientamento del mondo agricolo, a una perdita di fiducia nel futuro, a ulteriori difficoltà nella costruzione di una nuova identità in grado di sostituire quella tradizionale ormai obsoleta. Sapere dove si vuole andare è, infatti, il primo requisito per non girare a vuoto.
Sicuramente in un momento di profondi cambiamenti non è agevole identificare una prospettiva ragionevole per il futuro del mondo rurale. Tuttavia se le possibili visioni contrapposte non vengono messe a confronto in maniera chiara e franca il risultato non può essere positivo.
Il mondo agricolo ha probabilmente perso l'occasione dei Piani di sviluppo rurale per interrogarsi su dove vuole andare e, tuttavia, la domanda non può essere elusa ancora a lungo. Il tempo disponibile per individuare obiettivi di fondo si sta velocemente riducendo e il rischio è che ciò che non si è scelto a ragion veduta venga scelto da altri o dal caso.
Questa consapevolezza che, peraltro, non tutte le componenti del mondo agricolo sembrano avere, è la prima condizione per cercare di recuperare il tempo perduto.

Sommario rivista Geremia Gios


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