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Sviluppo rurale senza una rotta |
I nuovi Piani regionali non sembrano rispondere in modo adeguato alla
necessità di orientare e indicare la strada al mondo agricolo. Il rischio
ora è che ciò che non si è scelto a ragion veduta venga scelto da altri o
dal caso
Sono stati appena approvati o sono in corso di approvazione, a livello
nazionale e regionale, i Piani di sviluppo rurale per il periodo 2007-2013.
Si tratta di un momento importante sia perché tali piani determinano nel
concreto come saranno impiegate nei prossimi anni le risorse destinate a
finanziare l'attività agricola, sia perché con il 2013 è prevista una
ulteriore riforma della politica agricola comune e, quindi, questi piani
dovrebbero servire, tra le altre cose, a preparare il settore agroforestale
italiano a un contesto prevedibilmente più competitivo e con meno risorse
pubbliche disponibili.
I Piani, o le bozze di Piano, che si è riusciti a consultare sono documenti
corposi che elencano misure su misure attraverso le quali si delinea un
numero molto elevato di possibilità di intervento.
Se tali misure vengono esaminate in dettaglio, una per una, è difficile non
condividerne il contenuto, anche se in taluni casi si arriva a dettagli così
precisi che sembra quasi di poter identificare immediatamente i pochi
potenziali beneficiari. Al tempo stesso risulta difficile, tenendo conto
anche dei vincoli comunitari, avanzare suggerimenti di ulteriori misure o
individuare aree di possibile intervento non considerate.
Tutto bene dunque? Non proprio, almeno a mio personale giudizio. Se,
infatti, le singole misure appaiono soddisfacenti quello che manca è la
possibilità di individuare l'obiettivo generale verso cui si intende
convergere.
Infatti, se ci si mette dalla parte dei destinatari delle misure, vale a
dire dalla parte del mondo agricolo, non c'è risposta alla domanda più
semplice, ma anche più importante, che si è indotti a porsi.
Quale agricoltura si vuole? Sappiamo, semplificando, che un agricoltura
orientata alla riduzione dei costi è cosa diversa da una agricoltura volta
all'ottenimento di prodotti di qualità, così come ancora diverso è un
settore orientato alla gestione dell'ambiente. Questa diversità riguarda non
solo i prodotti finali, ma anche le modalità con cui gli stessi sono
ottenuti. Nei diversi casi serve una diversa struttura aziendale, forme
diverse di integrazione a monte e a valle, una diversa capacità
imprenditoriale, un diverso orientamento della ricerca, differenti strumenti
di politica economica.
Con questo non voglio dire che l'Italia, o le singole Regioni, devono
perseguire un unico modello di agricoltura. Sono possibili e, forse,
necessarie agricolture con obiettivi e tecniche diversificate. Quello che è
necessario sapere è il peso relativo di tali diverse agricolture e in base a
quali elementi alla singola azienda è utile orientarsi verso l'uno o l'altro
dei modelli possibili.
La politica agricola ha non solo il compito di mettere a disposizione
risorse, ma anche e soprattutto quello di orientare i comportamenti dei
singoli e dei gruppi. Se i piani di sviluppo rurale attuali rispondono alla
prima esigenza, molto meno sembrano rispondere alla seconda che, sotto certi
aspetti, è più importante.
Nel tentativo di non perdere opportunità oppure, più semplicemente, per non
scontentare nessuno, si è dato un po' qua un po' là. L'obiettivo di non
scontentare nessuno è stato quasi sicuramente raggiunto. Infatti le
polemiche, i punti di vista contrari, le proposte alternative praticamente
non ci sono.
Relativamente alla perdita di opportunità, per contro, si ritiene che ciò
che si è guadagnato nel breve periodo sarà perso con gli interessi nel
lungo. Infatti, una impostazione di questo tipo non può che portare a un
ulteriore disorientamento del mondo agricolo, a una perdita di fiducia nel
futuro, a ulteriori difficoltà nella costruzione di una nuova identità in
grado di sostituire quella tradizionale ormai obsoleta. Sapere dove si vuole
andare è, infatti, il primo requisito per non girare a vuoto.
Sicuramente in un momento di profondi cambiamenti non è agevole identificare
una prospettiva ragionevole per il futuro del mondo rurale. Tuttavia se le
possibili visioni contrapposte non vengono messe a confronto in maniera
chiara e franca il risultato non può essere positivo.
Il mondo agricolo ha probabilmente perso l'occasione dei Piani di sviluppo
rurale per interrogarsi su dove vuole andare e, tuttavia, la domanda non può
essere elusa ancora a lungo. Il tempo disponibile per individuare obiettivi
di fondo si sta velocemente riducendo e il rischio è che ciò che non si è
scelto a ragion veduta venga scelto da altri o dal caso.
Questa consapevolezza che, peraltro, non tutte le componenti del mondo
agricolo sembrano avere, è la prima condizione per cercare di recuperare il
tempo perduto.
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