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Grano duro a picco

Primo trimestre da dimenticare per il frumento duro, che sconta ancora l’abbondanza del raccolto mondiale del 2016. I prezzi del prodotto nazionale “fino” sono calati di circa 6 euro/t. A gennaio sembrava possibile una ripresa duratura delle quotazioni (“fino” Centro a 235,50 euro/t arrivo Emilia), ma l’andamento di febbraio e marzo ha dimostrato che si trattava di un fuoco di paglia.
Il mercato è ora letteralmente ingessato: i molini usufruiscono di coperture sufficienti fino al nuovo raccolto e, come se non bastasse, continua ad arrivare in Italia prodotto estero, da Francia e Kazakistan, seppure in quantità non eccessive. Attualmente per il prodotto di qualità (14% di proteine) vengono offerti 220-225 euro/t partenza Centro o Nord Italia, il che vuol dire per l’agricoltore 200 euro/t o meno, un prezzo che basta a malapena a coprire i costi di produzione, soprattutto al Sud, dove il prezzo per qualità “base” (12% proteine) non supera i 215 euro/t partenza centro di stoccaggio. 
Anche se a livello mondiale si prevedono scorte finali più basse dello scorso anno, il quantitativo stoccato dei raccolti 2016 e 2017 è ancora impressionante e solo una produzione globale inferiore a 38 milioni di tonnellate potrebbe riportare in equilibrio domanda e offerta. Mentre si specula sulle semine di Canada (la cui entità è incerta dietro ammissione delle stesse fonti ufficiali) e USA (quasi sicuramente in calo), è il nuovo player globale, ossia il Kazakistan, a destare le maggiori preoccupazioni. Il potenziale kazako è di oltre 1 milione di ettari, che, se seminati, potrebbero letteralmente inondare il Mediterraneo di grano duro.  


Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 12/2018 a pag. 27
Cereali foraggeri in recupero, grano duro a picco
di H. Lavorano
L’articolo completo è disponibile anche sulla Rivista Digitale



 


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