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La siccità comincia a fare paura
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Nonostante qualche precipitazione caduta a fine aprile, il deficit idrico nelle campagne italiane rimane alto, soprattutto nelle regioni del Nord Italia, e cresce l’allarme tra gli agricoltori in vista della prossima estate. La situazione di difficoltà nelle regioni del Centro-sud è a "macchia di leopardo", mentre è preoccupante in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
L'assessore all'agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, nei giorni scorsi ha scritto insieme con i colleghi assessori Viviana Beccalossi (Territorio, urbanistica e difesa del suolo) e Claudia Terzi (Ambiente, energia e sviluppo sostenibile) una lettera al ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti per lo stato di siccità che interessa il bacino del fiume Po, chiedendo "uno specifico incontro, da organizzare al più presto, possibilmente entro la prima decade del prossimo mese di maggio".
In Veneto, con un’ordinanza del presidente della Regione, Luca Zaia, è stato dichiarato lo stato di crisi idrica su tutto il territorio, che avrà validità fino al prossimo 15 maggio, con riserva di modifica dei contenuti in relazione all’andamento meteorologico. Viene anzitutto stabilito che non potranno essere superati determinati valori delle portate derivate o subderivate dal fiume Adige, nel cui bacino si registra la situazione più critica. In particolare per quanto riguarda il Consorzio di bonifica Veronese, il valore è di 28 metri cubi/secondo complessivi, con una riduzione per singola derivazione di almeno il 40% rispetto a quanto assentito dal decreto di concessione; per il Consorzio di secondo grado L.E.B. il valore da non superare è di 14 metri cubi/secondo complessivi. L’ordinanza stabilisce inoltre che le utenze irrigue non ricomprese nei consorzi di bonifica citati dovranno ridurre del 50%, rispetto a quanto consentito dal decreto di concessione, il prelievo di portate derivate o subderivate dal fiume Adige, mentre per quanto riguarda il bacino del fiume Piave, le utenze irrigue dovranno ridurre il prelievo di concessione del 20% rispetto a quanto assentito dal decreto di concessione.
In Emilia Romagna, infine, il perdurare della siccità invernale e primaverile ha portato la disponibilità idrica nei terreni a livelli talmente bassi da compromettere, soprattutto nei territori occidentali della regione, la crescita delle piante e addirittura, in taluni casi, la germinazione.
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