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Miglioramento genetico: la parola ai giudici

Nei giorni scorsi il Consiglio di Stato francese ha rinviato alla Corte di giustizia europea le domande di un gruppo di ong e sindacati transalpini sullo status giuridico delle nuove tecniche di miglioramento genetico delle piante. Si concretizza così l'ipotesi della via «giuridica» circa il futuro di queste tecniche mentre con tutta probabilità per quella «politica» – con un documento interpretativo della Commissione in gestazione dal 2008 – si dovrà attendere il giudizio della Corte. Cioè, almeno un paio d'anni.
La questione, che nell'UE è aperta da quasi dieci anni, è se alcune nuove tecniche di incrocio delle piante (New Breeding Techniques o NBT) possano essere assimilate agli ogm e debbano quindi ricadere sotto la legislazione in materia,  o possano essere invece considerate equivalenti alle tecniche tradizionali di incrocio. 
Il ricorso alla Corte di giustizia allenta la pressione su una Commissione che, come regola sulle biotecnologie agricole, vuole evitare di essere individuata come l'unica responsabile quando sono i Paesi membri che non sanno mettersi d'accordo. 
Questo il commento di Michele Morgante, presidente della Società italiana di genetica agraria: «Logica e buon senso avrebbero voluto che a tale decisione si potesse arrivare, da parte della Commissione, dopo una consultazione degli organismi scientifici e accademici con competenze in tali settori (società scientifiche, accademie delle scienze nazionali ed internazionali) e delle agenzie preposte al controllo della sicurezza degli alimenti (ad esempio l’Efa). Invece si sta ripetendo in Europa quanto in Italia è ormai diventato consuetudine: quando la politica non è capace di assumersi la responsabilità di compiere scelte, anche se scomode, si affida al potere giudiziario. 


Se vuoi approfondire l'argomento, grazie al servizio Rivista Digitale, leggi l'articolo online a pagina 8 de L'Informatore Agrario n. 38/2016!  Clicca qui




 

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