Quando si tratta di guerre, e quindi di devastazioni, morti e sofferenze per centinaia di migliaia di persone, parlare di danni economici e di export può sembrare cinico, ma d’altra parte la vicenda del conflitto in Ucraina è un esempio di come le sanzioni economiche siano un’arma a doppio taglio che spesso non colpisce i veri obiettivi ma altri soggetti.
Le conseguenze delle sanzioni occidentali nei confronti della Russia e del successivo embargo di Mosca verso i prodotti agroalimentari europei, iniziato ad agosto 2014, sono tutte nei numeri: nel periodo tra il 2009 e il 2013 il made in Italy agroalimentare diretto a Mosca era più che raddoppiato, passando da un valore di circa 330 milioni di euro a oltre 700 milioni.
Con l’embargo però tutto è cambiato: i dati del 2015 parlano di un calo complessivo di ben 323 milioni di euro, secondo l’Istat, riportando indietro di sei anni le lancette dell’export in Russia.
Si è di fatto azzerato, negli ultimi dodici mesi, il fatturato di frutta e ortaggi, che nel recente passato, considerando solo il fresco, aveva superato i 90 milioni di euro. Da un valore oltre 40 milioni le esportazioni di formaggi e latticini italiani verso Mosca sono scese, nel 2015, a poco più di 2 milioni.
Non è andata meglio nemmeno a vino e pasta, non compresi tra i prodotti soggetti all’embargo, che hanno perso, rispettivamente, 30 e 26 milioni di euro.
E intanto in Russia è boom per il falso made in Italy. Anche quando l’embargo finirà, recuperare le posizioni non sarà così scontato.
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