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La suinicoltura farā la fine del latte?

Il Mipaaf ha annunciato la convocazione a Brescia per il prossimo 14 giugno di un Tavolo della filiera suinicola nazionale. Un’iniziativa molto importante ma che rischia, come già successo per altri comparti, di non essere risolutiva per i problemi strutturali che attanagliano ormai da anni il comparto più importante (dopo il latte) della zootecnia italiana. 
Oggi gli allevatori di suini, con quanto attualmente pagato dai macelli, continuano a lavorare in perdita: di fatto, ogni fine mese si trovano a dovere scegliere se pagare i fornitori o le banche. 
Oggi la coscia dop copre il 30% del costo totale di un maiale; le vendite di carne suina rispetto allo scorso anno segnano meno 10% e il mercato è invaso da carne che costa la metà di quella italiana. C’è poi l’embargo russo, una disgrazia in tutti i sensi: la Russia sta investendo in scrofaie; i suinetti olandesi tedeschi e spagnoli non hanno sfogo russo e trovano mercato in Italia.
Forse la cosa più utile da attuare sarebbe quella di valorizzare la carne dei suini italiani, spiegando ai consumatori che deriva dagli stessi animali con i quali si producono i prosciutti di Parma e San Daniele.
E poi bisogna eliminare le malattie veterinarie che non consentono di conquistare i mercati esteri.
L’allevamento suinicolo rischia di scomparire con tutto l’indotto che esprime, ripercorrendo quanto sta accadendo nel settore del latte con stalle che chiudono e non riaprono più.


Se vuoi approfondire l'argomento, grazie al servizio Rivista Digitale, leggi l'articolo online a pagina 12 de L'Informatore Agrario n. 22/2016!  Clicca qui





 

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