Le filiere agroalimentari dalla parte del rame

incontro UPL sul rame del 14 novembre 2108

Lo scorso 27 novembre gli Stati membri dell’Unione Europea hanno approvato la proposta di rinnovo dei sali rameici in agricoltura. Una proposta che prevede una dose flessibile di 28 kg/ha su 7 anni, ma con la possibilità da parte dei singoli Paesi di adottare un limite più restrittivo. Si è chiuso dunque il processo di rinnovo di uno dei prodotti chiave della difesa fitosanitaria (non solo biologica), che ha dovuto affrontare un tortuoso percorso a seguito dell’inserimento della sostanza tra i candidati alla sostituzione.

In occasione del ventennale dal lancio di Poltiglia Disperss, UPL ha promosso, lo scorso 14 novembre a Merano (Bolzano), l’incontro «Rame: fondamentale supporto per l’agricoltura italiana» per affrontare la tematica rame e quali potranno essere le criticità derivanti dalla limitazione di impiego.

L’incontro, dopo un inquadramento fitoiatrico (Agostino Brunelli, Università di Bologna) e legislativo (Luca Rossi, UPL Europe) del rame, è stato un’occasione di confronto per i rappresentanti delle principali filiere agroalimentari italiane, sia del mondo convenzionale (integrato) sia biologico, uniti dalla necessità di continuare a disporre di uno strumento indispensabile nelle specifiche strategie di difesa.

Rame in biologico, puntare all’innovazione

Quando si parla di rame si pensa subito al biologico, essendo questo prodotto uno dei pochi fungicidi disponibili per il settore. Un settore che, va ricordato, ha visto negli ultimi anni una continua crescita in tutti i comparti produttivi e dove il valore aggiunto non è solamente economico ma anche etico e ambientale.

«La normativa nel settore biologico − ha ricordato Paolo Carnemolla, presidente Federbio – parte dagli aspetti agronomici e l’utilizzo dei prodotti fitosanitari rappresenta l’estrema ratio. In questo contesto il rame resta comunque uno strumento indispensabile in una strategia di difesa».

Per il presidente di Federbio la riduzione delle dosi di rame deve stimolare la ricerca di formulati innovativi che partendo da maggiore adesività e persistenza permettano di abbassare i quantitativi distribuiti senza penalizzare l’efficacia del trattamento. Chiara è poi la posizione di Federbio sull’utilizzo di fertilizzanti rameici, pratica da ritenersi illegale se effettuata con finalità fitoiatrica.

Un settore che sta guardando al biologico con grande attenzione è sicuramente quello vitivinicolo, come evidenziato da Andrea Lonardi direttore operativo della Bertani Domains, che dal 2018 ha messo i suoi 450 ettari di vigneto in conversione. Esso rappresenta un plus richiesto dall’area commerciale, particolarmente importante nel caso dei Paesi nordeuropei, ma anche un’opportunità di dare una risposta ai consumatori sulla modalità di coltivazione.

«È importante fare chiarezza – ha specificato Lonardi − su cosa significhi entrare in biologico e avere il rame come unico strumento a difesa dalla peronospora. Porre dei limiti stretti come i 4 kg/ha all’anno non ritengo sia una cosa giusta, soprattutto in annate come il 2018 che, va ricordato, è stato un anno particolarmente difficile per le infezioni di peronospora. È fondamentale pertanto trovare alternative anche formulative, in grado di garantire sostenibilità al sistema biologico che altrimenti rientrerebbe esclusivamente in un approccio bucolico e filosofico».

Rame in integrato, i casi di kiwi e pomodoro

Ma il rame non rappresenta uno strumento strategico solo per il settore biologico. In integrato, infatti, è nota l’attività fungicida su diverse colture.

«Su melo – ha evidenziato Josef Österreicher del Beratungsring − il rame viene impiegato contro ticchiolatura, colpo di fuoco, cancri rameali, ecc. Ai formulati rameici i melicoltori chiedono di non provocare fitossicità, elevata efficacia a parità di ione metallo contenuto, miscibilità con altri prodotti e un ridotto tempo di carenza».

Fondamentale è poi l’impiego in agricoltura integrata nei confronti delle batteriosi. È il caso ad esempio dell’actinidia che dopo l’avvento della batteriosi ha rivalutato l’interesse per questa sostanza attiva.

«Il rame − ha specificato Ugo Palara, direttore dell’ufficio tecnico agricolo di Agrintesa – oggi, anche in conduzione integrata, rappresenta l’unico strumento per contenere (e non prevenire) la batteriosi del kiwi. Riteniamo i nuovi limiti una forte criticità, in quanto in annate difficili come il 2018 anche gli attuali 6 kg/ha non sono sufficienti. Le deroghe, in questo caso, saranno uno strumento fondamentale».

Altro esempio è rappresentato dalla fliera pomodoro dove il rame − ha dichiarato Alessandro Piva, direttore del servizio agronomico del Cio – è un fungicida multisito utile nella gestione delle resistenze. «Il rame − ha sottolineato Piva – risulta però fondamentale nella gestione delle batteriosi tanto che senza questo prodotto non si può coltivare il pomodoro».

L’impegno di UPL

In questo contesto, UPL vuole giocare un ruolo strategico operando su diversi settori per supportare il sistema agroalimentare italiano.

«La nostra azienda – ha dichiarato Paolo Tassani general manager di UPL Italia − ha individuato quattro pilastri a supporto del sistema agroalimentare italiano: attività regolatorie a difesa di sostanze multisito per la gestione delle resistenze (ad esempio, rame, zolfo, ditiocarbammati); ricerca di soluzioni che permettano all’agricoltore di avere un rapporto costo/beneficio favorevole per dare reddito; individuazione di formulazioni innovative; sviluppo di etichette per permettere di affrontare le criticità legate a nuovi parassiti o a evoluzione delle pratiche fitosanitarie».

Per quanto riguarda il rame l’impegno di UPL è a 360°, sia dal punto di vista legislativo ma anche dal punto di vista produttivo; un esempio in tal senso è stata l’inaugurazione nell’impianto di Mourenx (nel Sud-ovest della Francia) di una nuova linea dedicata a produrre i soli formulati a base di rame in purezza, anche al fine di far fronte alle eventuali criticità possibilmente derivanti da contaminazione incrociata da altri prodotti.

«Sul lato della ricerca − ha invece precisato Tassani − abbiamo in corso studi su partner organici che potrebbero in quota parte migliorare il dosaggio. Siamo, infine, attivi anche su possibili soluzioni alternative da integrare in programmi di difesa e di cui potrebbe beneficiare anche lo stesso rame.

Articolo di G. Armentano pubblicato su L’Informatore Agrario n. 45/2018