Colture proteiche, forte dipendenza di Italia e UE dalle importazioni

Semi di soia

La produzione di legumi secchi (fagioli, lenticchie, ceci, piselli, fave) nel nostro Paese ha conosciuto una drastica diminuzione a partire dagli anni 60 del secolo scorso, passando da un quantitativo complessivo di 640.000 tonnellate al picco negativo di 135.000 tonnellate (-81%) raggiunto negli anni 2010-2015. Per fortuna l’Italia ha cominciato ad invertire la curva, oggi infatti, con circa 200.000 tonnellate, si colloca all’8° posto in Europa per la produzione di legumi secchi. È questo uno dei dati emersi dal Report sui legumi e sulle colture proteiche nei mercati mondiali, europei e italiani realizzato dall’istituto di ricerca Areté per conto dell’Alleanza cooperative agroalimentari e presentato a Bologna il 5 ottobre scorso all’interno di un convegno dal titolo “Strategia europea di sviluppo delle colture proteiche” in cui è stato fatto il punto sulla situazione del settore.
L’Italia dipende fortemente dalle importazioni di tutti i legumi per soddisfare la propria domanda. Nel 2017 il rapporto import/consumo presunto è stato del 98% per le lenticchie, del 95% per i fagioli, del 71% per i piselli, del 59% per i ceci. Rispetto alla media europea, nell’anno 2016 (ultimi dati disponibili per la UE), l’Italia ha importato il 65% del suo consumo, contro il 33% della UE. Per quanto riguarda la soia le superfici a coltura hanno interessato il 35% del totale raggiungendo il 40% della produzione europea e collocando l’Italia tra i principali produttori. Come per il resto della UE, anche se in misura minore, le importazioni nazionali soddisfano un’ampia fetta dei fabbisogni: si calcola che nel 2017 abbiano raggiunto il 57% del consumo presunto.
“Per la Commissione è importante sapere che l’Italia appoggia il Piano europeo per lo sviluppo delle proteine – ha affermato Silke Boger, capo dell’unità colture arabili e olio di oliva DG Agri a Bruxelles nel suo intervento al convegno – È quindi importante avere piena consapevolezza delle grandi potenzialità che abbiamo davanti a noi”.
Per Boger il tema delle colture proteiche va affrontato anche da un punto di vista politico e non solo di mercato. “È necessario mantenere viva la ricerca comunitaria – ha sottolineato – e nella nuova Pac in discussione è previsto un contributo da devolvere ai Paesi membri per la ricerca finalizzata all’implementazione di queste colture”.

 

Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 36/2018 a pag. 10
Colture proteiche, in Italia e nell’UE l’import resta elevato
di A. Mossini
L’articolo completo è disponibile anche sulla Rivista Digitale