Grano tenero o duro: cosa conviene seminare

Nonostante la campagna agraria 2017-2018 dei cereali autunno-vernini sia appena giunta al termine, è già necessario iniziare a prepararsi alla prossima stagione di coltivazione.
Il mercato dei due principali cereali autunno-vernini, ossia grano tenero e grano duro, nelle ultime mensilità ha visto un progressivo avvicinamento delle quotazioni (grafico), spingendo i coltivatori a domandarsi quale sia la migliore opzione per massimizzare la redditività aziendale.

Prezzo_grano_2014_2018

In una simile situazione di mercato la scelta su cosa coltivare si fa piuttosto difficoltosa; in molte aree del nostro Paese la scelta tra tenero e duro è quasi obbligata da parametri ambientali, soprattutto al Sud, mentre in altre aree, prevalentemente al Centro-Nord, gli agricoltori hanno la possibilità di scegliere se coltivare grano tenero o duro, dal momento che l’ambiente, adottando accorgimenti di natura agronomica, permette di ottenere risultati interessanti da entrambe le colture.
Le prospettive reddituali non giustificano però una sostituzione del grano tenero con il grano duro, soprattutto al Nord Italia, dove non è previsto il pagamento accoppiato alla produzione di grano duro (art. 52). Sotto questo punto di vista un elemento da considerare è rappresentato dal fondo per il grano duro. Tale fondo prevede un pagamento a ettaro per le aziende che decidono di sottoscrivere un contratto di filiera della durata almeno triennale. L’importo dei pagamenti a ettaro dipenderà dal numero di domande presentate, considerando una dotazione finanziaria di 10 milioni di euro, ma è necessario che gli imprenditori prendano in considerazione i seguenti limiti:
● l’importo massimo dell’aiuto è fissato in 200 euro/ha;
● il limite della superficie beneficiabile è di 50 ha a beneficiario;
●l’importo massimo dell’aiuto è pari a 15.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari (regime de minimis).
In virtù di quest’ultimo limite, molte aziende non avranno la possibilità di accedere al titolo in pieno, poiché hanno già intaccato il budget nell’ambito degli scorsi cicli, mentre per coloro che hanno ancora margine vi sarà la possibilità di un’integrazione al reddito.
Se la situazione di mercato dovesse proseguire con questa impostazione, è possibile prevedere nella prossima campagna un’ulteriore contrazione delle superfici coltivate a grano duro nelle aree meno vocate, in favore di un ritorno del grano tenero, trend già partito nel 2017-2018.
Allo stato attuale, la scelta tra tenero e duro non rappresenta un elemento determinante per il bilancio dell’impresa. L’attenzione dovrebbe focalizzarsi sul miglioramento dei canali commerciali e, in particolare, sull’ottimizzazione dei processi produttivi, puntando alla massimizzazione della resa e alla riduzione dei costi.
Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 29/2018
Grano tenero o duro: cosa conviene seminare
di G. Chiodini
L’articolo completo è disponibile anche su Rivista Digitale e Banca Dati Online